Si sa che Symbola, il tink tank guidato da Ermete Realacci, è una macchina di ottimismo e che a volte vede potenzialità che poi nella realtà fanno molta fatica a farsi largo. Ma il Rapporto sull’industria culturale presentato settimana scorsa con Unioncamere e realizzato con la sueprvisione di PierLuigi Sacco, presenta indicatori che fanno riflettere e non solo sognare. Il settore cultura nel nostro Paese tra 2007 e 2011 ha visto crescere l’occupazione dello 0,8% annuo, contro una flessione dello 0,4% dell’occupazione a livello complessivo. Il saldo commerciale del sistema produttivo culturale nel 2011 ha registrato un attivo di 20,3 miliardi di euro. L’export di cultura rappresneta il 10% dell’export. Sul turismo, l’incidenza del richiamo culturale pesa per un 33,6%, equivalente a 23,3 miliardi di euro. La cosa interessante delle ricerca è l’allargamento dell’area della cultura a tutto quel sistema produttivo che proprio nella qualità “culturale” dei propri prodotti ha la sua arma vincente. Quindi cultura come dna di un sistema produttivo capace di reggere le sfide globali: l’artigianato e la sua tenuta da questo punto di vista è un esempio straordinario. È una filiera articolata e diversificata che alla fine compone l’identità anche economica del nostro Paese. Se i numeri arrivano a comprendere questa filiera (di cui fanno aprte anche ad esempio le produzioni agricole tipiche), si scopre che il settore copre il 15% dell’economia nazionale, con ben 4milioni di addetti. Dice Realacci che per affrontare la crisi l’Italia deve fare l’Italia. Mi sembra molto di più che uno slogan.
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