Tra le cose straordinarie con cui questo Papa non smette di stupire ce n’è una davvero fuori da ogni preventivabile copione: è la sua vocazione a creare neologismi. In due giorni ce ne ha proposti tre, uno più bello dell’altro. Nell’intervista ad Antonio Spadaro, riferendosi al proprio motto “Miserando atque eligendo” (sintesi di quello che lui pensa di se stesso: “Sono un peccatore al quale il Signore ha guardato”), ha spiegato come andrebbe tradotto: «Il gerundio latino miserando mi sembra intraducibile sia in italiano che in spagnolo. A me piace tradurlo con un altro gerundio che non esiste: misericordiando». Un gerundio che secondo lui è necessario per descrivere quello sguardo del Signore (uno sguardo in azione).
Più avanti nella stessa intervista scova un neologismo ancora più bello. Dice: «E la preghiera è sempre per me una preghiera “memoriosa”, piena di memoria» (anche quando per stanchezza gli capita di addormentarsi). È un neologismo che dice bene di che pasta sia fatta la preghiera: memoria di una storia, di benefici avuti, ma soprattutto del fatto che «io posso dimenticarmi del Signore, ma so che lui no si dimentica mai di me. Ma soprattutto so che il Signore ha memoria di me».
Ieri, parlando ai ginecologi cattolici non ha coniato un vero e proprio neologismo ha fatto ricorso ad una straordinaria definizione caduta in disuso: «Un tempo, alle donne che aiutavano nel parto le chiamavamo “comadre”’: è come una madre con l’altra, con la vera madre, no? Anche voi siete “comadri” e “compadri”: anche voi». (Mi accorgo che il correttore automatico le rifiuta e corregge in comari e compari).
Ma poi il papa non ha preoccupazione a definire la profezia come una cosa che fa «rumore, chiasso, qualcuno dice “casino”». E per rendere meglio il fatto che Dio viene prima, fa ricorso sempre al verbo spagnolo, che ha una forza quasi onomatopeica: “primerea”.
Il neologismo è sintomo di due cose. Primo, che per lui la creatività è una componente trascinante nell’azione missionaria e pastorale. Secondo, che l’affacciarsi di Dio nella realtà segue modalità che secondo lui non hanno un riscontro in parole adeguate. È un sommovimento che sommuovendo la vita finisce per forza con il sommuovere anche la lingua. Davvero Francesco è uno tsunami che rimette tutto in movimento.
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