Economia

Un Ministero per le nuove opportunità di lavoro

di Carlo Borgomeo

La questione del lavoro è centrale ed è oggetto di continue ed accorate denunce, come è giusto.

E’ questione difficilissima per la quale non vi sono ricette, ma forse si potrebbe tentare qualche innovazione in più. Il dibattito sul lavoro si basa su una convinzione ovvia (non c’è occupazione buona se non c’è sviluppo), una’iniziativa politica parziale e contraddittoria (si parla solo, e pare anche male, di regole del mercato del lavoro) e su retropensieri  sbagliatissimi (gli immigrati ci tolgono lavoro, è inutile pensare a nuove opportunità di lavoro se non sappiamo difendere i posti che ci sono).

Occorre dare un segnale di discontinuità, di innovazione e di vero e continuo impegno in direzione della cosiddetta politica attiva del lavoro: vi sono molte cose, piccole e grandi, che si potrebbero fare: nella green economy, nel sociale , nella cultura, se solo si avesse il coraggio di sperimentare. E non servono grandi soldi, quanto buon senso e un po’ di vision.

Sarebbe utile  costituire, nel nuovo Governo,  un Ministero per le nuove opportunità di lavoro. In Italia il Ministero del lavoro (prima Ministero del lavoro e della Previdenza sociale) si è sempre occupato di chi aveva, aveva avuto o stava perdendo il lavoro. Per chi lo cercava vi era solo la funzione del collocamento ( totalmente inutile).

Nel nuovo Ministero (con portafoglio) dovrebbero confluire le Direzioni generali per le politiche del lavoro, per le politiche dei servizi per il lavoro, per l’inclusione e le politiche sociali, per il terzo settore. E  dal Ministero per lo sviluppo economico le competenze sulla cooperazione. Questo Ministero dovrebbe coordinare le politiche regionali in materia di formazione e di orientamento professionale e dovrebbe avere la vigilanza sugli strumenti di creazione d’impresa (oggi in capo ad Invitalia), in materia di microcredito (risolvendo finalmente la  “vexata quaestio” dell’Ente del Microcredito), sulle diverse iniziative di start-up  promosse da tanti, troppi, Ministeri.

E’ vero che si punta a ridurre il numero dei Ministeri, ma un segno tangibile di novità, di discontinuità e innovazione forse non guasterebbe.

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