Ciao Simone,
è difficile per me accettare di essere arrivata a questo punto. Più ci penso e più mi arrabbio. Era un gioco che mi faceva salire l’adrenalina, sensazione che nemmeno il mio lavoro, per tutti così gratificante, non mi dà più. Non posso fare sport estremi, ma nemmeno sport più tranquilli, le mie ossa e la mia spina dorsale non me lo permettono, ma
in quei momenti potevo sentire battere il cuore forte come dall’alto delle montagne russe. E poi… sarà stato il buco nero delle mie giornate, la ricerca del tempo, il posto dove andare a giocare lontano dalla possibilità di incontrare qualcuno che mi potesse riconoscere… nonostante la consapevolezza di perdere una parte del tempo di vita, così breve e così preziosa, nel nulla, nell’illusione, io non riesco a fermarmi.
Credimi è devastante, sono arrivata ad odiarmi. Anche quando vinco, rigioco tutto, e quindi esco arrabbiata con me stessa perché non riesco a gestire le mie azioni. Arrivo a schiaffeggiarmi, forse vorrei che qualcuno mi veda, che questa storia venga a galla, che sia qualcun altro a darmi uno schiaffone, che mi faccia male, più di quello che riesco a farmi male io…
Poi scopro di poter giocare on line, in casa dove nessuno può disturbarmi o interrompere quel rapporto morboso e dipendente, ma anche al lavoro dove la tecnologia è sempre a portata di mano, e da quel momento ogni momento libero è dedicato alla mia malattia.
Pensa che on Line c’è il così detto Gioco responsabile: oltre ai limiti di gioco puoi auto escluderei temporaneamente o illimitatamente. Cosa che io ho provato più volte fare. Nel momento in cui ho deciso di ricominciare a giocare, in un solo caso mi è stata richiesta una raccomandata per esere riammessa al gioco. In altri casi bastava semplicemente la richiesta on Line, e subito potevo ricominciare a giocare, oppure mi chiedevano il motivo della sospensione, alla risposta: non volevo essere distratta dal troppo gioco, riattivavano immediatamente il conto.
Questo per dirti che è vero che ti scrivono ‘gioca responsabilmente’, ma in caso di ricaduta sono pronti a riprenderti a braccia aperte.
E così sono andata avanti, senza nemmeno la preoccupazione di dover uscire di casa, fino a quando rigirando la borsa, il portafoglio, e la carta di credito mi sono resa conto che avevo usato tutto fino all’ultimo centesimo. Il mio cervello lavorava freneticamente per trovare dei soldi….no, basta mi devo fermare!
Ho toccato il fondo guardando negli occhi mio marito che in un momento di tenerezza mi ha detto: “…Mi fido di te, sei la mia ragione di vita!!”
La mia anima a quel punto urlava dispiacere, volevo dirgli ‘non fidarti di me, sono sporca…., mi sono sporcata, ho un problema, ho bisogno di aiuto, perché da sola non ce la faccio!’ (…)
Ecco un’altra lettera dal mondo del disagio. Voi cosa rispondereste? Come fermare questa disperazione sempre più devastante?
@simonefeder
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