La riedizione del mitico “Carosello” messa in onda da RAI 1, propone con insistenza uno spot realizzato da ENI che illustra la storiella del cane a sei zampe e di un gabbiano in crisi di identità. Non avendo i mezzi necessari ad una critica comunicativa, sento invece di commentare il messaggio che questo spot rischia di passare al grande pubblico. La storiella, come noto, propone come soluzione alla incapacità di comunicare del gabbiano incontrato per strada dal cane a sei zampe quella di rivolgersi “solo a chi parla la stessa lingua”, lasciando intendere che solo così ci si può capire. Una morale che in un’epoca dove la diversità e le differenze sono al tempo stesso la questione e la risorsa su cui puntare per un futuro di convivenza, sa molto di chiusura, di razzismo e di refrattarietà ad ogni sforzo da compiersi per entrare in comunicazione con chi non “parla la nostra stessa lingua”.
Eppure ENI, come ha ricordato non senza suscitare polemiche il suo A.D. Scaroni al Forum della cooperazione di Milano dello scorso dicembre, vuole presentarsi come la grande azienda italiana attenta e sensibile ai problemi degli altri e degli africani in particolare. Le sue trivellazioni petrolifere e le violazioni dei diritti delle popolazioni locali ancora recentemente denunciate dalla campagna Re Common per fermare le attività lesive dei diritti umani nel Delta del Niger, dimostrano gravi lacune e palesi contraddizioni. Problemi ancor più veementemente messi sotto processo al World Economic Forum on Africa tenutosi a Cape Town dal 8 al 10 di questo mese. In quell’importante assise, personalità del calibro di Kofi Annan e di Michel Camdessus hanno messo in evidenza come le compagnie estrattive internazionali spogliano il continente africano sottraendo ai suoi governi almeno 38 miliardi di dollari all’anno attraverso pratiche di corruzione, paradisi fiscali e altri stratagemmi finanziari e come questi colossi sfruttino indebitamente le risorse egli abitanti dei paesi africani.
Chissà, forse il non parlare la stessa lingua delle popolazioni dei Sud del mondo impedisce a ENI e alle altre multinazioni di comprendere il linguaggio dei poveri e le loro giuste rivendicazioni di una vita più degna e più giusta.
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