Dopo la Cambogia, Venezuela, Israele, Somalia e Bielorussia, ora anche l’Egitto si associa alla lista dei Paesi nei quali le ONG non possono ricevere finanziamenti dall’estero, ovviamente fatte salve quelle che il Governo di turno considera “idonee”.
Sotto il prestesto di controllare e impedire “attività politiche illecite”, il Governo de Il Cairo ha varato una legge con la quale le ONG sono interdette a praticare qualunque attività di tipo politico o a sostenerne lo svolgimento, attività finanziate con fondi provenienti dall’estero. Apparentemente questa norma che sembra del tutto comprensibile, e del resto in linea con il principio di neutralità sposato dalle organizzazioni non governative umanitarie, di fatto viene utilizzata per esercitare un ferreo controllo delle attività della società civile e per sopire ogni tentativo di organizzazione di attività liberamente in contestazione con i regimi in forza.
Il principio su cui si fonda la deliberazione governativa sarebbe quello della violazione della sovranità nazionale dato che, secondo Il Cairo, i finanziamenti stranieri comportano condizionamenti ineludibili che inficiano e orientano le scelte autonome della società egiziana. Chissà perché questo principio, ancora una volta condiviso a livello teorico e peraltro spesso denunciato dalle stesse ONG locali ed internazionali, non si applica alle imprese locali che continuano a ricevere copiose sovvenzioni dall’estero, ne tanto meno allo stesso Governo. Dal 1947 al 2011, infatti, il Governo egiziano ha ricevuto dagli USA l’ingente somma di 71,7 milardi di dollari sotto forma di aiuti bilaterali.
Come ha dichiarato lo Special Rapporteur dell’ONU sulla libertà di associazione, “è paradossale che alcuni Stati che stigmatizzano le associazioni finanziate dall’estero percepiscano essi stessi finaziamenti stranieri, spesso a livelli infinatamente superiori a quelli delle organizzazioni di soceità civile dei loro Paesi“.
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