Una gallina buontempona aveva preso l’abitudine di cantare a tutte le ore, che avesse fatto l’uovo o no. La padrona, arrivata nel pollaio, non trovava l’uovo e se ne andava via seccata.
“Perchè canti?”, domandavano le compagne. “Canto perchè sono felice”. Le compagne pensavano fosse diventata matta. E lei cercava di spiegare che era soltanto felice: “Che male c’è ad essere felice?”
È di Luigi Malerba la storiellina. La faccio mia e la ripropongo in chiave moderna. Ho la netta sensazione che non siamo più capaci di essere felici. E se qualcuno di tanto in tanto accenna a un sorriso di felicità, il fatto suscita ilarità e perplessità. O dubbi di squilibrio psichico.
È vero che vi sono tanti motivi per non cantare: le guerre, la politica, la disoccupazione, ma sono un pulviscolo rispetto alla montagna di motivi che avanziamo per essere sereni e felici.
Se non impariamo a riconoscere le grandi fortune nelle quali siamo immersi senza nostro merito e se non impariamo ad apprezzare le cose belle che attorno a noi accadono quotidianamente, rovineremo la nostra e l’altrui vita. Vedere positivo ci permette di affrontare in maniera più pacata e saggia le normali disavventure nelle quali tutti ci imbattiamo.
Pensare bene sarà ingenuità, ma certamente aiuta la digestione, il sonno e ci permette di cantare all’alba e al tramonto, vuoi quando riesce l’uovo, vuoi quando non ci riesce.
Altrimenti correremo il rischio dell’altra gallina, troppo filosofa.
“Una gallina filosofa guardava un sasso e diceva: “Chi mi dice che questo è un sasso?” poi guardava un albero e diceva: “Chi mi dice che questo è un albero?”. “Te lo dico io”, rispondeva una gallina qualsiasi.
La gallina filosofa la guardava con compatimento e domandava: “Chi sei tu che pretendi di dare una risposta alle mie domande?”. La gallina qualsiasi la guardava preoccupata e rispondeva: “Io sono una gallina”: E l’altra: “Chi mi dice che tu sei una gallina?”. Dopo un po’ la gallina filosofa si trovò molto sola.
Un proverbio recita: “Uomo avvisato, meglio salvato”.
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