Formazione

La scuola, democrazia e internet

di Don Antonio Mazzi

Leggo trasalito un titolo che, se fosse vero, dovrei andare, come i vecchi pellegrinanti, a Compostela a piedi. Ecco il titolo: “Senza cattedre né lavagne. Sarà così la nuova scuola”. C’è solo un neo: questa rivoluzione arriverebbe a causa di internet.
E qui il trasalimento scade di qualche decametro. Io, che scriverei e leggerei notte e giorno solo con carta, penna e calamaio, mi incavolo. La scuola, o meglio le classi, gli orari, i programmi avrebbero dovuto da secoli essere ripensati e stravolti. Le classi, i banchi, la trascuratezza, la poca pulizia, gli insegnanti per due terzi più complessati degli allievi, sono un macigno enorme e, per me, invalicabile, in tempi bevi.
Una città, una nazione che tiene la scuola in terza o quarta priorità, vuol dire che non capisce niente ma, soprattutto, che non ha prospettive future e progetti decenti. Comunque, vengano dibattiti e non lezioni, isole e non singoli banchi, cooperative learning.
Bello! Però qui si cambia solo l’architettura scolastica. Ma la “gente” che dovrebbe frequentare questa scuola, come la motiviamo? Basterà un computer, un muro pieno di numeri, banchi a forma di trapezio e pulpiti dai quali espletare l’ars oratoria, per ridare serenità ai volti dei docenti e voglia “matta” ai giovani eroi per andare, dalle ore sette del mattino alle due del pomeriggio, nelle nuove non aule?
C’è un’altra idea che mi interessa, ma lascia irrisolto il problema famiglia. Nel Michigan, il mattino,  i ragazzi a casa, o mentre sono nel parco, guardano allo smartphone i video delle lezioni e in classe (o isola), nel pomeriggio, diventano protagonisti, con i facilitatori di quanto hanno visto e sentito.
Ultimo pesante ostacolo: da noi, paese dei balocchi, la Rete è un gioco, un momento ludico. Chi farà capire ai genitori e poi ai ragazzi che la Rete offre occasioni di approfondimento, di lettura di libri, di visite virtuali in pinacoteche, invece che banalissimi scaricamenti di ricerche da allungare a qualche cretino di professore?
Sono pensieri cattivi, ma non devono assolutamente essere ritardati i tempi della rivoluzione. La scuola è il mezzo più democratico per cambiare e maturare un popolo. Non deve servire solo a spiegare lezioni ma ad approfondire, collegare esperienze, confrontare abitudini, interiorizzare i processi di socializzazione e i tanti doveri senza dei quali, anche i diritti correrebbero il rischio di tramutarsi in soprusi.

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