seipersonaggi#2: il racconto e le conclusioni aperte

di Noemi Satta

“Riccardo è un designer, ha scelto un approccio etico. Crea oggetti che uniscono forma, funzione e racconto.”. “Alessandra, consulente legale e volontaria per una cooperativa, costruisce sistemi di produzione creativa di massa, con attenzione ai creative commons. Potremmo chiamarla l’avvocato che ama la pirateria”. “Laura ha studiato design, ma mette le sue mani e la sua testa per trasformare vecchi abiti in capi femminili di alta classe”. “Sara, redattrice radiofonica ha fondato un’associazione per la produzione di audiodocumentari. Per ora i suoi canali sono ancora quelli tradizionali ma sta lavorando per sviluppare una nuova distribuzione. La sua forza sono le relazioni pubbliche”. “Paola, ricercatrice in antropologia, diffonde buon cibo preparato dalle sue mani con un servizio di catering colorato e gustoso. È da tempo che pensa di differenziare la propria attività: ha introdotto la cucina collettiva come un’attività di comunità”. “Bruno, una vita da architetto. Fonda un’associazione per organizzare viaggi di architettura. Inizia a pensare alla produzione editoriale e a nuovi format digitali”.

Questi 6 personaggi, inventati ma plausibili, sono ispirati alla nuova classe creativa in un terziario avanzato che produce conoscenza e manufatti, che lavora a cavallo tra creatività e artigianato, tra servizi e divulgazione. Questi 6 personaggi hanno tutti caratteristiche importanti per poter lavorare con capacità innovativa e intercettando dei bisogni del mercato, ma non tutti sono ancora degli imprenditori. Cosa gli serve per diventare imprenditori culturali?

Sulla costruzione dell’identikit dell’imprenditore culturale abbiamo lavorato al workshop ospitato dall’Iris Workshop al Fuori WIS (si veda l’instant book).

Si è partiti dal fissare ciò che è cultura secondo i partecipanti. Ossia quell’ambito di valori materiali e immateriali di una comunità e al contempo universali. È l’ambito della passione, della motivazione, del sapere e della conoscenza. Ha come oggetto il patrimonio (in senso stretto) fatto non solo di monumenti, musei, teatro, musica, arte, biblioteche, ma di viottoli, paesaggio, storie, manufatti, e ancora di divulgazione della conoscenza, di creazione e produzione di nuova cultura. Il settore culturale si allarga, straborda, sconfina, si ibrida. Se la cultura è un patrimonio costituito anche dagli aspetti materiali del fare, se è quindi questione di tutti, forse l’impresa culturale ha dei confini più larghi di quanto non si creda in prima battuta leggendo i codici Ateco.

Cosa suggerire ai 6 personaggi per diventare imprenditori e per fare impresa?

La discussione si è accesa intorno ai processi della produzione e alla necessità di avere un team e al suo interno anche qualcuno con competenze di tipo gestionale e amministrativo. Avere i piedi per terra, insomma, fare bene con poco e sapere gestire piani economici, budget, preventivi e rendicontazione. Toccati quindi alcuni  dei punti nodali del mondo della produzione culturale.

Qual è dunque l’identikit di un imprenditore culturale?

Deve avere capacità di networking, capacità di coinvolgimento e inventiva per ripensare la produzione culturale e per costruire nuovi format culturali, capacità di creare mercati o di individuare bisogni non soddisfatti in ambito culturale – compreso il bisogno di partecipare nella costruzione dei contenuti -, capacità tecniche legate al business planning, al project and staff management.

Che ruolo hanno i pubblici nel processo produttivo e creativo? Un’impresa culturale può (deve) fare partecipazione ? Quanti contenuti user generated e come gestire la questione dei diritti d’autore?

Con il tempo di proseguire nell’elaborazione, avremmo certamente parlato del pubblico, di come attrarlo, coinvolgerlo, farlo tornare, renderlo partecipe sostenitore delle azioni culturali.

Inoltre, se la cultura va sempre di più a definirsi secondo i (nuovi?) paradigmi, rivisti alla luce degli strumenti social, della partecipazione e della cocreazione, come non pensare ad un imprenditore che sappia coinvolgere e avviare processi di partecipazione o di co-creazione?

Questi sono i primi spunti per un tema, fare impresa culturale, dove ancora è necessario osservare la complessità e individuare i modelli funzionanti, che coniughino ricerca artistica e qualità dell’offerta culturale, con i numeri e la qualità dei pubblici, con la tenuta dei conti e la remunerazione degli addetti. Anche in cultura fare impresa deve diventare una questione di responsabilità e sostenibilità, pensando all’impatto sociale e culturale che si riesce a creare. La riflessione è aperta.


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