Il welfare italiano è stato costruito su un patto che la crisi ha demolito, occorre quindi ricostruire una nuova ipotesi capace di rispondere ragionevolmente alla complessità dei bisogni e alla forte eterogeneità delle aspettative provenienti dalla società.
Il fondamento teorico che, sin dagli inizi, ha legittimato il sistema di welfare che abbiamo conosciuto, è stato il contrattualismo. Così come è il contratto privato a fondare le transazioni di mercato tra agenti economici, allo stesso modo è il contratto sociale il fondamento su cui costruire la “società ben ordinata” afferma J.Rawls. Ma qual è l’essenza dell’idea di contratto, privato o sociale? La nozione di negoziabilità: i cittadini razionali si rendono conto che per perseguire nel migliore dei modi i propri interessi, trovano conveniente sottoscrivere un contratto che fissi obblighi e pretese per ciascuno.
È dunque la logica del mutuo vantaggio a determinare il vincolo sociale. Ma cosa ne è di coloro che, non essendo indipendenti né razionali, non sono in grado di negoziare e pertanto non sono in grado di sottoscrivere il contratto sociale? Cosa ne è degli emarginati e degli esclusi?
Come onestamente ammette David Gauthier, principale espressione del contrattualismo rawlsiano, “gli esclusi rappresentano un problema che comprensibilmente nessuno vuole affrontare… perché queste persone non sono parte delle relazioni morali cui la teoria contrattualista dà origine” (Morals by agreement, Oxford).
Ecco perché ci vuole un principio più robusto di quello di negoziabilità su cui costruire le fondamenta di un nuovo welfare, un principio capace di far cambiare radicalmente quelle scelte di policy che scientificamente considerano la spesa sociale come non produttiva e quindi “tagliabile”. Quale potrebbe essere? La risposta che il mondo della società civile dà é: il principio di vulnerabilità.
È dal riconoscimento della vulnerabilità come cifra della condizione umana che discende l’accettazione della dipendenza reciproca e dunque della “simmetria dei bisogni”: il prendersi cura dell’altro diviene allora espressione del bisogno di dare cura
La presa di coscienza della condizione di vulnerabilità diventa quindi la precondizione per la costruzione di un tessuto sociale in cui “l’empatia” fra le persone è il tratto peculiare e generativo di un nuovo legame, un legame più robusto di quello che può nascere dal contratto..
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.