Devo dire che inizialmente non ero proprio motivato.
Partecipare al primo incontro promosso dal Comune di Forlì per realizzare la programmazione del Piano Sociale di Zona non mi entusiasmava troppo. Non per un vissuto particolarmente negativo, ma per un pregiudizio sui piani di zona, ne ho letto qualcuno e devo dire che difficilmente sono arrivato fino in fondo…
La proposta del Comune di Forlì nasceva da una precedente riflessione sull’evoluzione del modello di Welfare Municipale e voleva pertanto essere un momento di ” discontinuità”: ” siamo in un momento particolare, non si può pensare di costruire una progettualità sullo stesso profilo di comunitá di 3 anni fa…” affermava l’assessore aprendo i lavori. Allora si cambia, si riparte da un “foglio bianco” e da una parola fin troppo abusata ma questa volta maledettamente centrata … innovazione sociale. Ebbene si .. Sempre lei, e lo si fa presentando prima il processo e poi aprendo una discussione con i soggetti del terzo settore.
La dirigente (molto brava) comincia a presentare il percorso e dopo 4 slides capisco che la cosa si faceva interessante…
Slide 1 dentro una crisi entropica occorre un cambio di paradigma
Slide 2 definire nuove modalità di collaborazione fra PA e stakeholder
Slide 3 partire dalla domanda prima di organizzare offerta
Slide4 diamoci nuovi obiettivi usando alcuni indicatori del BES
Non si trattava del solito processo partecipato, bensì di un tentativo di innovazione reale ossia provare a dare nuove risposte a vecchie domande,
Lo stupore è cresciuto poi con il primo intervento in cui la rappresentante della Caritas ha raccontato alcuni esempi di lotta contro le nuove povertà, dove l’esperienza più virtuosa, nella sorpresa dei presenti, è coincisa con una serie di iniziative ad “alto contenuto enogastronomico” fra cui quelle che vedevano gli extracomunitari impegnati con alcuni volontari a “fare i cappelletti”. “Solo grazie a queste occasioni di incontro e socializzazione si è potuto, poi, costruire dei percorsi, prima impossibili con i servizi sociali e con le organizzazioni del territorio ” ha concluso Antonella.
Antonella ci stava dicendo che per le nuove politiche sociali le risorse economiche sono una condizione necessaria, ma non sufficiente; oggi è indispensabile una “densità relazionale” che precede e ordina le politiche, un densità relazionale che ha il suo nucleo nelle motivazioni intrinseche delle Organizzazioni Non Profit e che costituisce il presupposto per l’efficacia di qualsiasi azione di policy.
Nuove Politiche. Politiche Sociali come combinazione dell’ apporto di soggetti pubblici e del privato sociale nella co-produzione di servizi di interesse generale, in cui la partecipazione congiunta di tali soggetti rappresenta un presupposto qualitativo imprescindibile e non surrogabile.
Un nuovo welfare, dove “fare i cappelletti” è parte della Risposta ai bisogni sociali.
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