Non ho mai amato i “manifesti“, ma devo riconoscere che il dibattito sull’innovazione sociale con l’uscita del “Manifesto sulla Rural Social Innovation” a cura di Alex Giordano e Adam Ardvisson, si arricchisce di uno strumento prezioso, per rafforzare la necessità di recuperare la dimensione comunitaria e ambientale come meccanismo generativo di una nuova economia. E’ quindi una bella notizia e perciò, con il permesso dell’amico #Alex, ho provato a commentarne i tratti a mio (personalissimo) avviso più significativi..
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Il modello economico dominante (mainstream) sta producendo una metamorfosi nei processi di produzione del valore, coagulando nell’intangibile l’esperienza di consumo che noi facciamo. Questa esperienza ha sempre meno a che fare con la nostra capacità di giudicarne l’utilità, mentre è sempre più condizionata dalle aspettative prodotte dal valore simbolico e dalla rappresentazione che la comunicazione legata al consumo di quel determinato prodotto determina in noi.
A ciò va aggiunto un altro fattore, ossia che la società dell’urgenza obbliga tutti a vivere il “tempo della fretta”. Costantemente protesi verso la novità del prossimo futuro, fatichiamo a goderci le cose del presente. Per prendere decisioni in modo appagante occorre aver fatto esperienza in qualche modo dei termini delle scelte; ma per fare esperienza ci vuole tempo, quel tempo che spesso l’accelerazione dei mutamenti in atto, ci sottrae. (Si badi a non confondere il concetto di “fretta” con la “velocità”. Quest’ultima è sempre positiva perché accorcia il tempo per giungere allo scopo; la fretta, invece, è la velocità fine a se stessa che finisce spesso per mancare l’obiettivo prefissato…tanto quanto il suo opposto, la lentezza)
Recuperare il senso e il tempo dell’esperienza sono alcuni dei pilastri che compongono i contenuti de “ Il Manifesto sulla Rural Social Innovation” a cura di Rural Hub. Riportare i meccanismi di produzione del valore al centro, tanto nell’esperienza personale quanto nel territorio in cui esso viene generato, massimizzando l’utilità sociale e le economie dei beni comuni, è il contenuto di una proposta che assume la rilevanza di un nuovo paradigma economico. L’innovazione che emerge da questo modello di economia che ha nel #cibo la sua “cellula staminale”, nasce sempre da una diversa struttura motivazionale della persona che si vuole riappropriare di un pezzo autentico di se stesso mettendo in moto nuove forme di economia sostenibile e di socialità.
Non è, quindi, una posizione antagonista o ideologica quella contenuta nella proposta del “Manifesto” ma una narrazione di “contenuti vissuti” che cerca di condividere, con tutti, un’innovazione già in atto. E’ un cambiamento che ha certamente bisogno di essere ulteriormente infrastrutturato (in particolare nella governance) ma che oggi va sostenuto e accompagnato sia per affermare la bio-diversità dei modelli di innovazione sociale, sia per uscire dalla logica della “minoranza profetica” e sfidare il mainstream… buona lettura!
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