Sostenibilità

I Verdi scomparsi: di chi la colpa?

di Fulco Pratesi

L’editoriale di Aldo Cazzullo “La scomparsa degli ecologisti” comparso sul Corriere della Sera merita una risposta che serva a chiarire i termini del problema.

In primo luogo è bene tener presenti i risultati ottenuti, nelle legislature in cui erano presenti, dal 1987 al 2008,  dal pur esiguo manipolo dei deputati “Verdi”.

Basterebbe pensare alle due fondamentali Leggi quadro sulle aree protette (nota come legge sui Parchi n°394) e sulla difesa della fauna (nota come legge sulla caccia, n° 157) entrambe varate nell’XI Legislatura, che hanno consentito all’Italia di dotarsi di un notevole patrimonio di territori protetti e di porre limiti agli eccessi della caccia.

Le successive evoluzioni della Federazione dei Verdi (che qualcuno accusò di eccessivo posizionamento a sinistra) portarono, dopo anni di battaglie (di cui oggi si riconosce la giustezza e la lungimiranza) alla loro uscita dal Parlamento nelle elezioni del 2008 con la perdita (considerata grave e fuori dal panorama europeo come sottolinea Cazzullo) di una rappresentanza parlamentare Verde.

E anche la riduzione degli ecologisti democratici, con l’uscita dalle liste PD di Roberto della Seta e Francesco Ferrante e il mantenimento del solo Ermete Realacci (provenienti tutti e tre da Legambiente), non lascia ben sperare sull’attenzione a temi prettamente ecologisti del prossimo Parlamento.

Ma la delusione che tale anomala situazione comporta, può essere attutita dalla presenza, nella società civile, di grandi, attive e impegnate associazioni ambientaliste,  che nel resto d’Europa non sono così influenti come in Italia. Presenza – quasi sempre indipendente politicamente per statuto – che può forse essere inclusa tra le cause  del declino della rappresentanza parlamentare “Verde”.

L’opera di organizzazioni come Italia Nostra, WWF, Greenpeace, Legambiente, FAI, Mountain Wilderness, Federnatura e tante altre, che nel loro insieme assommano a centinaia di migliaia di soci, attivisti e donatori, danno la cifra dei successi ottenuti – pur in un panorama politico italiano francamente deludente – nel campo della protezione ambientale e paesistica.

Il fatto, ad esempio, che le foreste siano passate da 20% del territorio a più del 30%, che le aree protette – che negli anni  60 rappresentavano solo lo 0,6 della superficie italiana con 4 negletti Parchi – siano salite a più del 10% con 24 Parchi Nazionali più centinaia di Riserve; che la normativa di vincoli paesistici e territoriali (pur se ampiamente violata) sia stata resa maggiormente incisiva grazie al Decreto Galasso del 1985,  può testimoniare di una vitalità che supplisce alle  gravi carenze del Parlamento, del Governo e degli Enti locali.

Come del resto è stato dimostrato dal successo degli ultimi Referendum nei quali il mondo associazionistico si è ampiamente e vittoriosamente  impegnato e nelle altre tante iniziative prese (e questo è confortante) quasi sempre all’unisono da tutte le tante sigle ambientaliste, che spesso sono riuscite a mutare il corso di provvedimenti politici e governativi che andavano nella direzione opposta.

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