L’altro giorno, camminando in una via della cosiddetta “Roma bene”, ho fatto tre incontri, in una sequenza ravvicinata. Due persone anziane, dignitosamente e non poveramente vestite, munite di un rudimentale gancio proveniente da uno di quelle stampelle appendiabito in filo di ferro che si vendono con le confezioni economiche, frugavano in pieno giorno in uno dei cassonetti riservati ai rifiuti organici non riciclabili. Ho fatto finta di non vederli (anche se essi non mostravano nessun problema nell’essere esposti al pubblico in quella delicata operazione) e ho proseguito il giro.
Poco lontano, davanti a una fila di negozi di alimentari, bar, giornali, eccetera, sono con la memoria tornato indietro negli anni della mia infanzia, nel Secondo Dopoguerra. Allora era spettacolo comune imbattersi in raccoglitori di cicche, i quali alla fine della raccolta, sbriciolavano i mozziconi e ne vendevano il tabacco così racimolato. In quei tempi in cui le sigarette si vendevano anche ad una ad una, quel tabacco funzionava da trinciato per le pipe di terracotta e bocchino di canna di palude che ogni tabaccaio vendeva, o serviva per confezionare con cartine di ogni genere, sigarette “fai da te”. Il bisogno di tabacco in quei tempi era fortissimo. Mio suocero internato in un campo di concentramento tedesco, ricordava le lotte per assicurarsi una sigaretta o almeno una boccata. E ai militari in servizio di leva, assieme al rancio e al “soldo” si elargivano orrende sigarette Milit, Nazionali, Giubek che ammorbavano le sale dei “pidocchietti” come erano definiti a Roma i cinema di terza visione.
Poco distante, nella stessa strada, un altro spettacolo piuttosto singolare.
“Scendeva dalla soglia di uno di quegli usci” (citazione manzoniana) un cameriere con due sacchi di plastica che vuotava in un cassonetto. Non riuscivo a capire cosa contenessero. A un’occhiata più approfondita, la rivelazione: si trattava di centinaia di croste di pane in cassetta, residuati dalla confezione dei tramezzini e scartati perché non utilizzabili.
In un paese e in un momento in cui non si può aprire la televisione o sfogliare un giornale senza venir aggrediti da immagini lussuriose di cibi trimalcionici elaborati da chef pluristellati (spettacoli a malapena resi più accettabili da appelli contro gli sprechi alimentari) ci si domanda se non si dovrebbero intensificare ancor più campagne che spingano verso comportamenti più corretti ed equilibrati onde cercare di far scemare tali spettacoli inaccettabili.
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