Sostenibilità

Cosa resta delle “amate sponde”

di Fulco Pratesi

Cosa resta oggi delle “Amate sponde” della canzone Per la liberazione dell’Italia di Vincenzo Monti?

Stando al recente dossier del WWF Italia, piuttosto poco.

Negli ultimi 25 anni, nonostante le infinite battaglie delle associazioni ambientaliste, il “sacco delle coste” è proseguito imperterrito.

Mettendo a paragone la situazione dei litorali da 25 anni ad oggi, il paragone è impietoso. Le riprese da satellite ci consegnano situazioni drammatiche. Anche se tutte, nessuna esclusa, le regioni costiere soffrono per un’ invasione incontrollata del cemento (molto spesso abusivo) sono quelle insulari che mostrano le ferite più profonde, quasi sempre irrecuperabili. In Sardegna ad esempio, eliminati i vincoli del Piano Soru, si sono riprese con forza le edificazioni all’ interno dei 300 metri dal mare.

Ma non si creda che litorali, come quelli adriatici, che cinquant’anni fa, all’epoca dei primi rilievi del WWF, apparivano già saturi di cemento e asfalto, siano stati risparmiati. Dal Friuli-Venezia Giulia alla Puglia, nei quasi 1500  chilometri di costa adriatica (il 17% del totale costiero), meno del 30% del Water front appare oggi libero da urbanizzazioni, spesso selvagge, edificate negli ultimi 50 anni.

Le stesse aree costiere Natura 2000, a tutela comunitaria, che comprendono scogliere, dune sabbiose, paludi litoranee e steppe con flore e faune spesso uniche, han dovuto lasciare il posto, in soli 25 anni, a ben 120 interventi negativi diversi, di cui il 40% sono strutture ricettive e balneari, il 29% dighe e darsene, e il 23% nuove urbanizzazioni.

Per non dare definitivo fondo a quanto resta di un patrimonio costiero unico al mondo, il WWF ha compilato un dossier e lancia un appello, sostenuto da proposte concrete e da lunga esperienza sul campo vissuta sul campo.

In primo luogo, come proposto fin dai primi censimenti costieri  di un quarto di secolo fa, un’inversione di tendenza edificatoria messa in atto virtuosamente da Stato, Regioni e Comuni sulla fascia costiera ancora indenne da interventi di trasformazione. Oltre a ciò, ovviamente, una più efficace e cogente politica di tutela, in principal modo per le aree già oggi sottoposte a vincoli soprattutto europei.

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