Meglio tardi che mai. E’ il commento che viene spontaneo in seguito alle dichiarazioni di oggi del Presidente della Repubblica Napolitano in merito all’esigenza di una “profonda riqualificazione degli interventi e dell’organizzazione delle forze armate”. Bene quindi che si pensi ad attuare una spending review delle missioni internazionali, nonostante forse le prevedibili resistenze del Ministro Di Paola.
Ma il tema della ridefinizione del sistema di difesa e della riduzione delle spese militari, rischia di rimanere una scialuppa nel mare magnum, se non inquadrato all’interno di una discussione più organica.
Occorre rivedere le spese militari, caro Presidente e su questo concordo con Lei, ma mi domando se il nuovo approccio alla “sicurezza” italiano non debba andare di pari passo con la concomitante ma ben distinta valorizzazione di altre strade, che invece – quelle si – richiedono un maggiore impegno in termini finanziarii e – mi permetto di dire – anche di spesa del capitale intellettuale eventualmente accumulato in Italia: penso al canale diplomatico e a quello civile, alla cooperazione allo sviluppo, a tutti gli strumenti orientati alla affermazione dei diritti umani.
Secondo i dati OCSE, esistono 43 Paesi fragili, in cui vivono complessivamente 1,2 miliardi di persone. Costituiscono l’area più vulnerabile del pianeta. Un terzo di questi Stati è in una condizione di emergenza complessa che dura da almeno 10 anni. La comunità internazionale e anche l’Italia, devono fare i conti con le crisi politiche prolungate. Significa riportare condizioni di sicurezza umana a partire dal lavoro per garantire per la sicurezza alimentare attraverso la garanzia del diritto al cibo e all’acqua. Questo implica investire seriamente in sviluppo. E’ davvero una mission impossible? Ne parliamo domani con il Ministro Riccardi, il Sottosegretario Dassù e le forze politiche.
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