Mondo

Bimbi appesi alla legge che vacilla

Gli enti autorizzati dicono la loro su come impiegare la fase di transizione dalla vecchia alla nuova normativa. Puntano il dito contro servizi sociali, tribunali e ministero.

di Paola Mattei

La nuova legge sulle adozioni? Ottima. Meno male che è arrivata, se ne sentiva il bisogno. Aumenta i controlli, istituisce canali più sicuri, protegge i bambini. Però… Sta tutto in questo ?però? quel che gli enti autorizzati all?adozione internazionale pensano della 476, la nuova legge che ratifica la Convenzione dell?Aja. Le 20 organizzazioni nelle cui mani passerà tutta la ?pratica? delle adozioni in Italia (oltre 6000 coppie dichiarate idonee ogni anno) sono tutte a favore della legge, ma non nascondono i dubbi sull?applicazione dei principi sacrosanti appena introdotti anche in Italia. E provano a spiegare perché la nuova normativa potrà funzionare solo a patto che lo Stato dedichi risorse di uomini, tempo e strategie al problema adozioni internazionali. E lo dovrà fare in fretta, sfruttando questi mesi di transizione che segnano il passaggio alla nuova normativa. «Questa legge è come un tavolo, poggia su quattro gambe», spiega Marco Griffini, presidente dell?Ai.Bi., uno degli enti autorizzati più ?antichi?. «Che sono: servizi sociali, tribunali, enti autorizzati e Commissione ministeriale che dovrà gestire tutte le adozioni. Se una gamba si rompe o è più corta, il tavolo cade. La legge fallisce». Delle quattro gambe, quella che zoppica ancor prima che il tavolo venga usato è quella dei servizi sociali. Sui quali grava la responsabilità di esaminare le coppie, e oggi lo dovranno fare in soli quattro mesi. Non solo: dovranno anche organizzare la formazione per i futuri genitori. «I servizi sociali sono carenti dappertutto, al Sud e al Nord», dice Caterina Palladino, presidente del G.a.i.a. di Napoli. «Adesso che sono stati introdotti tempi brevi temo che il sistema possa implodere: se un servizio completava un esame in due anni, ora che ci deve mettere 4 mesi come farà?». «Temo che verranno concesse più facilmente le idoneità», risponde don Eugenio Battaglia, del Conventino di Bergamo. «E non credo sia un bene. L?attesa è stressante, ma anche provvidenziale, perché intanto le coppie riflettono, si preparano e frequentano corsi. Sarà ancora così?». Domande che valgono anche per i tribunali per i minori, costretti ora a decretare l?idoneità alle coppie in soli due mesi. Un?altra gamba che vacilla. Ma la botta finale ai servizi sociali arriva dal presidente del Nova, Armando Zirpoli: «Il nodo è la formazione. La legge dice che spetta ai servizi sociali, che però non riusciranno mai a gestirla, perché impreparati sui Paesi da cui i bambini provengono. Potrebbero avvalersi della collaborazione degli enti, ma è solo una possibilità. Così, al solito, ci saranno isole felici in mezzo a un mare di inefficienza. Ma se ci sottraggono la formazione, ci ridurremo a fare da agenzie viaggi». E la Commissione ministeriale? L?organo che dovrà ?dirigere il traffico? delle adozioni, verificando che nessuno passi con il rosso, ancora non c?è. Ma già suscita perplessità. «Temo che i tempi accorciati nei tribunali si allunghino in Commissione», dice don Eugenio Battaglia. «Le nuove adozioni passeranno di lì, quelle arretrate andranno avanti col vecchio sistema… Temo l?ingorgo, se non il blocco». Come per tutti gli organismi statali, in effetti, la sclerosi burocratica è dietro l?angolo, ma il problema più grave pare un altro. Manca infatti una strategia politica che favorisca le adozioni nello spirito della Convenzione dell?Aja, che sottolinea la necessità di una cooperazione allo sviluppo con i Paesi da cui arrivano i bambini. «L?Italia si deve svegliare», accusa Griffini. «E fare come gli altri Paesi europei. Prendiamo l?Olanda: ha varato un progetto di cooperazione con cui ha informatizzato i tribunali boliviani. La Spagna ha formato giudici e assistenti sociali del Perù. Chiaro che poi questi Paesi saranno privilegiati, perché dimostrano di non essere solo a caccia di bambini ma di dare una mano a quelle nazioni. E la Francia? Dopo aver ratificato la Convenzione ha invitato a Parigi i rappresentanti delle Autorità centrali dei Paesi firmatari, dalla Romania al Paraguay, per stilare accordi bilaterali. Risultato? Le adozioni sono triplicate. L?Italia invece è ferma. Basti pensare che agli Esteri non abbiamo un sottosegretario con delega alle adozioni internazionali. Se ne occupano due funzionari dell?ufficio immigrazione». E così anche la gamba istituzionale è sistemata. E gli enti? «Noi cerchiamo di fare del nostro meglio», risponde Griffini, «ma nessuno ci controlla. In tanti anni l?Ai.Bi. non ha mai avuto un?ispezione, e per quanto ne so neppure gli altri enti. Un altro segnale di quanto il problema delle adozioni sia sottovalutato, in questo Paese». Un nuovo aiuto per diventare genitori Fondazione Patrizia Nidoli: si chiama così l?ultima nata tra le associazioni con lo scopo di assistere i bambini che cercano una famiglia e le famiglie che cercano un bambino. È stata presentata il primo marzo a Varese, madrina Bice Biagi, obiettivo diventare un punto di riferimento per affrontare i bisogni legati alla delicata esperienza dell?adozione in tutte le sue fasi, dando vita a iniziative e strutture che siano in grado di rispondere alla esigenza delle coppie che vorrebbero vedere realizzato il loro desiderio di maternità e paternità. Desiderio che Patrizia Nidoli viveva in prima persona: a lei, che a 35 anni è scomparsa in un tragico incidente al ritorno dal Tribunale dei Minori dove si era recata per una pratica di adozione, è dedicata infatti la neonata Fondazione. L?istituzione dedicata alla sua memoria agirà con attività a carattere nazionale e internazionale. Sul territorio nazionale si concentrerà soprattutto su attività locali di sostegno informativo e formativo alle famiglie; sul piano internazionale agirà invece con attività di cooperazione allo sviluppo. A questo scopo la Fondazione appena nata ha già avviato il complesso iter di pratiche volte a ottenere le autorizzazioni ad operare in numerosi Paesi esteri.


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