Non profit

Il fundraising entra nell’agenda politica del Governo

di Elena Zanella

Con oggi, il fundraising italiano raggiunge un traguardo importante: l’apertura definitiva del Governo a trattare il fundraising nelle sedi opportune e con l’attenzione che merita. Un premio gradito per chi ci ha creduto e ha fatto di tutto, in questi mesi, affinché la luce su questo argomento si accendesse. Finalmente.

Questo l’impegno del Sottosegretario Luigi Bobba che oggi, presso i suoi uffici a Roma, ha accolto me e i colleghi Massimo Coen Cagli, Daniela Motti e Raffaele Picilli, in rappresentanza del mondo della raccolta fondi e in risposta alle sollecitazioni e incontri succeduti a partire dal settembre scorso.

In particolare, l’impegno da parte del Governo è duplice:

1. vagliare l’opportunità di inserire i concetti di fundraising e raccolta fondi all’interno del testo di legge, cosa che, come più volte scritto, permetterà una giustizia anche in termini di senso, contribuendo a modificare il ruolo delle organizzazioni nel processo del dono. Siamo quanto mai convinti che vi sia, alla base, un problema culturale che fatica ad essere sradicato: la convinzione che il Terzo settore sia attore passivo e non proattivo nel sistema economico del Paese Italia. Riteniamo, quindi, doveroso e corretto che questo comportamento virtuoso da parte delle organizzazioni venga legittimato.

2. l’istituzione di un tavolo tecnico sulle policy del fundraising che abbia come obiettivo l’individuazione di azioni e strumenti da mettere in campo entro stretto giro e a costo nullo per le casse dello Stato.

Tre riflessioni sul metodo sono dovere:

1. L’esercizio che da fundraiser abbiamo deciso di compiere nei confronti della Riforma non è stato un atto politico ma la volontà di portare un punto di vista tecnico all’attenzione della politica, affinché quest’ultima non perda di vista un aspetto fondamentale che deve trovare accoglimento per una buona maturazione del Terzo settore nel nostro Paese.

2. Consapevoli delle difficoltà in cui il Paese versa e dell’impossibilità di investimenti diversi da quelli già previsti in Finanziaria, la visione proposta non ha, per scelta, alcun impatto in termini di contabilità e vuole fermarsi a interventi di tipo formale e semantico.

3. In questa fase, l’obiettivo primo è il fundraising e non la categoria dei fundraiser: è, quindi, un intervento sul senso e non sulla professione, aspetto su cui abbiamo consapevolezza che vi saranno ricadute positive ma sui cui varrà la pena aprire un capitolo a parte in un momento successivo.

Con oggi, inizia un nuovo percorso per il fundraising in Italia: più maturo, più consapevole, più credibile. Di cui dobbiamo renderci conto e di dobbiamo – e dovremo – rendere conto nel quotidiano. Lo abbiamo percepito noi tutti molto chiaramente.

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