Oggi ho ricevuto una lettera da un collega cooperatore sociale della nostra rete il cui padre è affetto da SLA; di seguito con il suo permesso ne riproduco degli estratti.
… Come sai da qualche settimana in tutta Italia i malati di Sla si sono mobilitati con tecniche “gandhiane” per ottenere (ultimi tra gli ultimi) diritti e servizi. Il fondo per malati di Sla ha avuto vicende alterne: taglio, ripristino e relativa speranza, nuovo taglio in Consiglio dei Ministri ed infine dalla voce autorevole del ministro Grilli ripristino in legge finanziaria. Da 5 anni mio padre è affetto da SLA e quindi i miei familiari ed io conosciamo bene ciò che significa il quotidiano.
L’Assistenza domiciliare (che già paghiamo di tasca nostra per una quota) ci viene fornita dal Consorzio Socio assistenziale attraverso una Cooperativa sociale. Non saremmo in grado di pagarci totalmente il servizio (i miei genitori erano coltivatori diretti, pochi contributi versati e pensione da fame).
Oggi sulla stampa Alberto Damilano [malato di sla che ha iniziato lo sciopero della fame per protesta contro i tagli] a fronte dell’ennesima novità scrive: «Non ci facciamo influenzare dalle tante dichiarazioni o indiscrezioni di queste ore. Abbiamo dato una settimana al Governo per avere risposte chiare e documentate. Dopodichè riprenderemo la lotta. Sono comunque irritanti queste ripetute dichiarazioni che hanno per oggetto un presunto “fondo per i malati di Sla”, mentre ci battiamo per un Piano nazionale per le non autosufficienze». Per un malato di Sla ridurre anche di poco l’alimentazione significa viaggiare verso la morte certa. Ma devo dirti ho visto (a meno che non mi sia perso qualcosa) poca solidarietà e sostegno da parte dei cittadini “sani”. Sono intenzionato qualora il Governo facesse nuovamente marcia indietro a promuovere uno sciopero della fame a catena di modo che questi malati non siano lasciati soli nella loro battaglia…
Penso alle cose che questa vicenda ci sta insegnando. Ci racconta che forse questi anni terribili ci hanno assuefatti alla aleatorietà dei diritti fondamentali, che può essere normale anche di fronte a situazioni estreme – una malattia che consuma sino alla morte, famiglie desolatamente sole che esauriscono forze e risparmi – allargare le braccia perchè “non ci sono risorse” senza interrogarci di quante spese non confrontabili per priorità vengano fatte con disinvoltura. Ci interroga su quanto anche nelle nostre esperienze cooperative permanga un’anima “movimentista” che sente come proprio compito anche far evolvere la sensiblità sociale su questi temi e quanto prevalga un’anima “tecnocratica” dei professionisti della cura cui non competono le scelte di merito. Ci stimola, certo, a pensare come sostenere al meglio, con risorse comunque non infinite, le famiglie in questa situazione. Ci fa pensare alla maturità – veramente, infrangendo ogni costrizione fisica, da “schienadritta” – di chi sceglie di non combattere una battaglia per la propria sola salvaguardia, ma perchè il nostro Paese inizi a fare veramente i conti con le condizioni di un numero crescente di cittadini.
Durante l‘Happening di Palermo – si parlava di diritto alla salute per le persone in condizioni di fragilità -, in questo straordinario giro su quattro regioni del Mezzogiorno in cui sono impegnato in queste settimane insieme a tanti cooperatori (da giovedì sarò a Lamezia con gli amici di Progetto Sud), un malato di sla ha portato una toccante testimonianza conclusa con queste parole:
“La mia libertà è inversamente proporzionale alla schiavitù di mia moglie nell’assistermi, in quanto un malato solo e abbandonato a sé stesso è un uomo morto, un malato assistito è un uomo libero, ma condiziona la vita degli altri”.
Ecco, questo è quanto accade in un Paese dove l’autosufficienza è una disgrazia familiare e non una situazione di cittadini portatori di diritti. Sperando che la mobilitazione di queste settimane, oltre a portare risorse, sia il punto di partenza anche per una diversa consapevolezza.
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