C’è poco da fare, il tour che sto facendo nelle regioni del Mezzogiorno per l’Happening della solidarietà, anche se è una fatica immane, mi mette di buon umore. 15 giorni fa ero a Lamezia in mezzo a giovani che erano riusciti a fare impresa in mezzo a mille difficoltà (social self made young man, dovremo inventarla questa etichetta), tra un’ora inizio l’Happening di Salerno, un’altra immersione tra cooperatori, ragazzi e tanti amici vecchi e nuovi. E così questa volta non mi arrabbio per quella pubblicità, mi viene quasi da sorridere.
Aveva iniziato Darty, catena di store di elettrodomestici e prodotti elettronici. Insomma televisioni, ferri da stiro, frigoriferi, videocamere, lavatrici, hi-fi, e molto altro. Da anni basano la loro pubblicità sul convincerci che tutti questi oggetti siano un “diritto” (“Avere uno smartphone è un tuo diritto!”). Insomma, libertà di parola o di religione e forno microonde, diritto a non essere torturati o ridotti in schiavitù e macro televisore a schermo piatto, diritto al lavoro e alla giusta retribuzione e aspirapolveri sono più o meno sullo stesso piano. Quindi, verrebbe da dire, interscambiabili. Dunque avere un po’ meno di informazione e un po’ più di lavastoviglie, un po’ meno lavoro ma un po’ più console, in fondo sono scambi alla pari.
Quelle pubblicità, quando avevo iniziato a vederle, le avevo prese proprio male e anche se al Darty di Torino ci passo davanti spesso e la tecnologia mi intriga, non comprerei da loro nemmeno un mouse, così per principio; avevo scritto un post sul mio blog personale tanto per combattere questo degrado dei tempi (pur senza sapere se grazie a questa mia presa di posizione i tempi avrebbero deciso di cambiare).
Ieri sera sull’aereo avevo per tutto il viaggio sullo schienale della poltrona davanti la pubblicità di un autonoleggio Europecar che – in realtà riprendendo lo spot di una delle auto messe a disposizione – affermava che “Il lusso è un diritto”. Ce ne sarebbe da scrivere per un post intero sull’idiozia di questa affermazione, ma penso che un lettore di Vita già sia sufficientemente sensibilizzato.
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Ma, come vi dicevo, viaggiare verso gli happening mi mette di buon umore, vedo le cose in una luce diversa. E così questo spot – ho controllato, l’originale risale al luglio 2011, concepito quindi poco prima di quella caldissima estate in cui gli italiani iniziarono a sostituire lo spread alla formazione della squadra di calcio come argomento di cui dissertare come esperti al mattino a bar – mi è sembrato come una di quelle scritte sbiadite.
A me – politicamente e visceralmente disgustato da ogni fascismo – quando salendo per una strada di montagna vedo quelle scritte “Credere Obbedire Combattere” “Nel segno del Littorio vinceremo” mal cancellate sui muri mi viene quasi tenerezza. Non verso i criminali che le concepivano, ma verso gli italiani che se le bevevano e ascoltavano rapiti alla radio il discorso del sabato. Oggi sono ancora li, sbiadite, appunto; chissà con cosa le scrivevano, mani e mani di vernice non riescono proprio a cancellarle nemmeno dopo 80 anni, sono destinate evidentemente a permanere come simbolo e monito della stupidità umana.
E così quello spot, visto oggi, a solo un anno e mezzo scarso dalla sua diffusione. “Il lusso è un diritto”, prima ancora che distanza morale, suscita naturale e prorompente (e sano) insulto, ma dopo averceli lì mandati, la stessa tenerezza di quelle scritte sbiadite. Un mondo sepolto, archeologico, da guardare dicendosi quanto siamo stati immensamente idioti.