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Agenda sociale: tra spinte top down e bottom up

di Alessandro Mazzullo

 

 


 

La scadenza elettorale si avvicina e, come Vita ha più volte sottolineato, mai come questa volta sarà caratterizzata dal coinvolgimento di un cosí alto numero di esponenti del Terzo Settore.

Un dato di cronaca che si presta, come spesso accade, ad una duplice interpretazione. Vi è chi vi ravvisa il sintomo di una resa delle rappresentanze del Terzo settore di fronte alla sua scarsa capacità d’influenza e chi vi scorge il segno di un cambiamento, di un’attenzione nuova da parte dei movimenti politici.

Al di là della propensione a vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, il timore è che sian vere entrambe le due analisi! In entrambi i casi è possibile individuare un elemento comune nella crisi di rappresentatività che rischia di cronicizzarsi non soltanto nei movimenti politici, ma anche nelle tradizionali rappresentanze del Terzo settore.

In altre parole, la crisi di rappresentatività ha sicuramente indotto i partiti a tirar dentro ‘persone nuove’, non contaminate con il mondo della politica (con la ‘p’ minuscola), maggiormente collegate con la società civile (…questa sconosciuta!!) e capaci di assicurare un’efficace operazione di maquillage.

Ma la scarsa influenza politica della rappresentanza di quella fetta importante della società civile che è il Terzo settore, evoca il legittimo sospetto che qualcosa di analogo sia avvenuto anche in questo campo.

È o non è legittimo chiedersi il perché non si sia stati capaci di mobilizzare a sufficienza l’indignazione della società civile di fronte ai segnali negativi registrati in quest’ultimo periodo?

Si pensi all’abolizione dell’Agenzia per il Terzo settore, all’estensione dell’Imu agli enti non profit, all’innalzamento dell’iva dal 4 al 10% sui servizi resi dalle coop sociali, alla mancata riforma della legge sulla cooperazione internazionale rimasta al palo dal 1987 e naufragata unitamente alla scadenza anticipata della legislatura. Analogamente si pensi alla mancata stabilizzazione del 5 per mille deliberato dal Consiglio dei ministri ma mai trasformato in una norma definitiva e certa.

A fronte di queste difficoltà emerge in modo più evidente il bisogno di recuperare la forza di spinte sia top down che bottom up, di una Politica lungimirante che sappia traguardare il domani, mantenendo lo sguardo d’insieme, come di una Società civile che sappia riportare quello sguardo verso il basso, verso le istanze spontanee provenienti dal suo interno, agganciate alla realtà della gente comune che combatte con l’oggi.

Giovedí scorso (14 febbraio)[1], in Bocconi, si è discusso di “Proposte operative per un’Agenda sociale per l’Italia”… Poco prima della nostra Graduation di Master!!

Per chi c’era è stata una bella occasione per vedere riunite alcune tra le principali Accademie del Paese che si occupano dei temi dell’Economia sociale, insieme al giornale che la racconta quotidianamente: Vita.

Si è parlato di proposte operative, come quelle della piattaforma di Vita[2], di Iris Network[3] e del Comitato i3S[4], ma anche dei sistemi di processo attraverso cui avanzare tali proposte[5].

È stata un’occasione di confronto, anche tra idee diverse, che però traccia un percorso possibile: la convergenza su di una piattaforma di proposte originate dall’elaborazione e dal confronto tra le diverse Accademie che se ne occupano e le realtà operative del mondo non profit, come quelle che compongono il comitato editoriale di Vita.

Sarebbe bello se tale incontro costituisse il prodromo di un processo riformatorio bottom up, arricchito dall’integrazione tra analisi accademica e capacità di advocacy del Terzo settore.

Con grande soddisfazione del sottoscritto, infine, va registrata anche una significativa convergenza sull’opportunità di una riforma della normativa sull’impresa sociale, con particolare riferimento all’attenuazione del vincolo di non redistribuzione degli utili, a prescindere dalle diverse modalità declinatorie di tale riforma.

A distanza di due mesi dalla fulminea presentazione e dall’altrettanto rapido ritiro dell’emendamento 3200, quel dibattito è stato ulteriormente rilanciato dall’introduzione di una nuova forma d’impresa sociale prevista e regolamentata all’interno del NHS (con redistribuzione degli utili cappata al 50% di quelli conseguiti a bilancio)[6].

 

[1] http://www.irisnetwork.it/2013/02/agenda-sociale-cergas-bocconi/; http://propostadiriformadelterzosettore.wordpress.com/2013/02/19/unagenda-sociale-per-il-2013/

[2] http://www.vita.it/politica/governo/cambiare-l-italia.html

[3] http://www.eticanews.it/2013/02/impresa-sociale-basta-tabu-sugli-utili/

[4] http://www.innovazioneterzosettore.org

[5] http://blog.vita.it/fenomeni/2013/02/17/policy-making-agenda-sociale/

[6]http://www.civilsociety.co.uk/finance/news/content/14094/new_government_legislation_contains_definition_of_social_enterprise#.UOxbrIrNSHI.twitter

 

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