Volontariato

Il lavoro contro l’anestesia del cuore

di Elisabetta Ponzone

Riccardosi ha provato a mettere un cartello “chiuso per indignazione” sulla porta del suo ufficio e il capo lo ha usato per pulirsi il biip – come scrive nel suo post – e gli ha detto “fai il bravo”. Tropi , dentro, non ha neppure commentato. Ha solo alzato gli occhi al cielo!

In un’Italia appesantita dal caldo e dalla crisi, l’indignazione di famosi e ricchi stilisti è al limite del grottesco, senza parlare della stampa sempre più alla ricerca di un tweet piuttosto che di una notizia. “Davanti a madri picchiate e a famiglie che non sanno come tirare a fine mese, si dovrebbero vergognare questi due!” Mi dice Andrea che dopo aver scontato la sua pena in carcere ora è fuori in affido e sta imparando a diventare giardiniere con la cooperativa sociale Opera in Fiore.

Le parole di papa Francesco a Lampedusa non sono servite a nulla. “La cultura del benessere che ci porta a pensare a noi stessi, ci fa vivere insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone … che portano all’indifferenza verso gli altri. Anzi, alla globalizzazione dell’indifferenza”.

Siamo così immersi nella globalizzazione dell’indifferenza” che proprio non riusciamo ad alzare la testa dal nostro ombelico. Perchè non attacchiamo tutti un cartello “assente per indignazione” e ricominciamo a vivere allargando lo sguardo?! Papa Francesco, oggi in Brasile, ha detto che dobbiamo dare ai giovani l’eredità di un mondo che corrisponda alla misura della vita umana. Ne saremo capaci?

L’altro giorno Tropi è uscito dal carcere in permesso. Insieme, siamo stati in giro per Milano a lavorare. “Poverino” mi hanno detto gli amici di Accent “un giorno che potrebbe andare a spasso a godersi l’aria, tu lo fai lavorare!”. Siamo andati a vedere la serra comunitaria a sud di Milano, che gestiamo con altre associazioni e dove chi ha fatto esperienza del carcere ora cerca di imparare un nuovo modo di vivere curando il verde e seminando fiori e ortaggi. Siamo andati in via dei Mille a vedere il negozio del Comune di Milano che espone le nostre borse e gli altri prodotti dell’economia carceraria e che Tropi non aveva mai visto. Siamo andati a colazione nel parco, dove i passerotti venivano a chiederci da mangiare e le tartarughe nuotavano tra ninfee fiorite e pesci giganti. Siamo andati nello studio grafico di Accent per capire se siamo in grado di fare delle borse per una conferenza stampa. Siamo andati a vedere il negozio dove solitamente compero scampoli e filo che poi porto dentro, nel laboratorio di sartoria, in carcere, a Tropi.

“Che bella giornata! Abbiamo lavorato tanto. Sono proprio contento” mi ha detto Tropi saltando giù dall’auto per pigliare al volo il tram che lo avrebbe riportato a casa dal fratello, per poi rientrare, di sera, nella sua cella nel carcere di Milano-Opera.

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