Vorrei svegliarmi un giorno, uscire di casa e imbattermi in un amico d’infanzia. Lo immagino che esordisce con la tradizionale domanda “cosa fai di bello nella vita?”. Ed io: “Sono un artigiano e costruisco violini”. Oltre che affascinante, sarebbe tutto più semplice.
Ma la mia storia è diversa. Quando mi chiedono “di cosa ti occupi?” ho bisogno di un paio di minuti per inquadrare l’interlocutore. Se gli dico che lavoro nel settore delle erogazioni, il discorso rischia di prendere le direzioni più strane: da quella più comune ma fuorviante (“Ah, sei un bancario!”) a quella più scherzosa ma imbarazzante (“potevi dirlo subito che lavori per Moratti!”). Se poi accenno alla mia qualifica di “grant administrator”, finisco direttamente su una poltrona del Consiglio di Amministrazione, con buona pace delle precisazioni che mi affretto ad aggiungere subito dopo aver pronunciato la magica espressione.
Allora, provo a fare un ultimo tentativo: sono dipendente di una nota fondazione lombarda che concede sostegni economici agli enti nonprofit e il mio compito è quello di individuare quando e in quale misura va versato il contributo monetario, a seconda del tipo di progetto finanziato e del suo grado di avanzamento.
Mi sembra importante declinare le generalità prima di affrontare certi argomenti. Primo, per ragioni di trasparenza sulla mia posizione personale. Secondo, per delimitare bene uno spazio che mi permetta di esprimermi senza coinvolgere l’istituzione di appartenenza. La mia esperienza professionale presso Fondazione Cariplo mi pone di fronte a fenomeni sociali vivi ed in profonda trasformazione: il mio interesse per loro non può arrestarsi sulla soglia di via Manin 23.
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