Concedere, assegnare, devolvere. Conteggiare, riconoscere, valorizzare. Versare, bonificare, accreditare. Liquidare, anticipare, saldare. Sono solo alcuni dei termini che vengono adoperati dagli uffici di un ente di erogazione per indicare le varie tappe attraverso cui il dono viene prima ‘promesso’ e poi (finalmente) entra nelle casse dell’organizzazione nonprofit, beneficiaria di un contributo.
Ma questa è la parte più appariscente e tangibile del sostegno filantropico. Esistono altre varietà di doni che, depurati della componente monetaria, mirano a trasferire conoscenze, tecniche e informazioni che di questi tempi sembrano difficilmente reperibili (forse più dei finanziamenti stessi): io li chiamo “doniliquidi”.
Sono molti gli argomenti che richiederebbero un donoliquido. Donoliquido è spiegare ad un volontario come si prepara un piano economico a supporto di una richiesta di contributo; e non limitarsi solo a questo, ma incontrarlo, apprendere direttamente da lui quali sono le particolarità della sua iniziativa; e infine provare a stendere insieme una versione beta del piano. Insomma, dopo le “regole del gioco”, basta aggiungere anche la fase ‘laboratoriale’.
L’altra importante caratteristica dei doniliquidi è evidentemente rappresentata dalla loro gratuità, che non bisogna dare per scontata. Lo spettro delle opportunità offerte agli enti nonprofit varia infatti da servizi gratuiti ma senza un contenuto ‘certificato’, a servizi validi ma disponibili solo dietro adeguato compenso.
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