Volontariato
SCN, oltre i danni e la beffa, conquistiamo il diritto alla difesa civile
Per parlare in modo pertinente e consapevole della pubblicazione del bando di Servizio Civile Nazionale, avvenuta il 4 ottobre, è necessario allargare lo sguardo ad alcuni altri avvenimenti dei giorni che ne hanno accompagnato l’uscita. Tra la difesa militare e quella civile.
I danni e la beffa
Il 30 settembre Gianluca di Feo su l’Espresso ci informa che, proprio mentre l’aumento di un punto dell’IVA porta il governo Letta ad un passo della caduta, questo ha blindato “con due decreti legislativi una spesa extra in nuovi sistemi militari per un totale di 975 milioni di euro: elicotteri, aerei, apparati elettronici per l’Esercito”. Non solo, stando alle indiscrezioni, “il governo è pronto a firmare i contratti per altre due fregate Fremm, con un costo di circa un miliardo.”
Il 1° ottobre Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Disarmo, viene audito nella Commissione Difesa della Camera e rivela che “nonostante la mozione del Parlamento che ha fermato nuovi acquisti di F35, in attesa che si chiuda l’indagine conoscitiva avviata dalla Commissione Difesa di Montecitorio, sono stati acquistati altri tre F35 oltre i tre per i quali si sono già siglati i contratti”. Gli F-35 già acquistati a questo punto sono sei, ad un costo di 120 milioni ciascuno, per un totale di 720 milioni di euro.
Il 4 ottobre – giorno del lutto nazionale per la tragedia di Lampedusa – mentre Letta accoglieva papa Francesco nel giorno di san Francesco, nella terra di Aldo Capitini, il governo – dopo un minuto di silenzio – ha prorogato di altri tre mesi le missioni militari all’estero per complessivi 226 milioni di euro.
Lo stesso giorno è anche uscito il bando per il Servizio Civile Nazionale rivolto a 15.466 volontari – il più basso numero dal 2005 – con uno stanziamento complessivo di 65 milioni di euro – la metà del costo di un solo caccia f-35 – a due anni di distanza dall’ultimo bando ordinario e ad uno dalla presentazione dei progetti. Con il rischio, paventato da Primo Di Blasio presidente della CNESC che fino al 2015 non ve ne siano altri. Come dire, ai molteplici danni si è aggiunta la beffa.
Due pesi e due misure. Sfacciatamente
Lo abbiamo ribadito anche il 2 ottobre – Giornata internazionale della nonviolenza – nella quale il Movimento Nonviolento e le Reti per la pace e il servizio civile hanno promosso una giornata di impegno nazionale per il disarmo e la difesa nonviolenta; poche settimane fa lo avevano ribadito anche le nuove Linee guida per la formazione generale dei volontari civili, emanate lo scorso luglio dal Dipartimento per la gioventù e il servizio civile, alle quali i formatori accreditati devono attenersi: il nostro ordinamento legislativo configura pienamente due distinte modalità di difesa del Paese. La difesa civile, non armata e nonviolenta, rappresentata dal SCN, e quella armata, rappresentata del servizio militare volontario. Come narrano, ancora una volta, plasticamente le vicende della settimana che ha visto la pubblicazione del nuovo bando nazionale, ciò che manca è la pari dignità tra le due forme di difesa della Patria. L’una, quella civile, priva di risorse certe, è maltrattata e resa incapace di garantire l’esercizio del diritto/dovere di difesa della Patria a tutti i giovani che vogliono spendersi nell’impegno per la difesa dei diritti e per la sperimentazione di mezzi e strumenti costituzionali – nel ripudio della guerra – di risoluzione nonviolenta dei conflitti. L’altra, quella armata, ha la disponibilità di enormi risorse pubbliche, impermeabile ai tagli, è anzi soggetta a continui ampliamenti e riqualificazioni degli arsenali da usare contro ipotetiche e pretestuose minacce esterne oppure – più spesso – in missioni internazionali di guerra. Due pesi e due misure. Sfacciatamente.
Ora conquistiamo il diritto alla difesa civile
Adesso non è più tempo di ripeterlo. Mentre i caccia si acquistano in tutta fretta, senza badare a spese e senza rispettare i tempi parlamentari; mentre il servizio civile può invece sempre aspettare e deve accontentarsi delle briciole, senza alcun rispetto dei giovani che vogliono impegnarsi, ora è tempo di agire. Così come la generazione di Pietro Pinna e degli obiettori di coscienza ha conquistato il diritto all’obiezione di coscienza come diritto soggettivo, oggi questa generazione di volontari civili – insieme ai movimenti, alle associazioni, agli enti – deve conquistare il diritto a partecipare alla difesa civile della Patria come diritto soggettivo. Cioè come diritto universale, secondo la legge e la Costituzione. Perché ciò sia possibile davvero non vi è che una strada: lo spostamento legittimo di risorse dalla difesa militare a quella civile. Questa consapevolezza, oltre che tra i movimenti per la pace, sta crescendo nel mondo del servizio civile anche a partire dall’Alleanza per il servizio civile per i 40 anni della legge 772/72. Credo dunque che siano ormai maturi i tempi per la costruzione di una campagna politica di azione, che coniughi esplicitamente e specificamente il tema del disarmo a quello della difesa civile, allo scopo di prendere le risorse per il servizio civile là dove ci sono e vanno condivise, ossia dal bilancio della Difesa. Che non è ormai più solo militare. Insomma, così come i giovani devono poter scegliere se difendere la Patria in armi o disarmati, finalmente anche i cittadini contribuenti devono poter decidere se finanziare la difesa militare o quella civile: questo è il principio politico. Studiamone le forme, le modalità, gli strumenti, ma cominciamo presto, prima che il SCN muoia. Non è più tempo di aspettare.
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