Mentre il 10 dicembre e dintorni, in Italia e nel mondo, si svolgevano le iniziative per il 65° anniversario della Dichiarazione universale dei Diritti Umani, è stato diramato il messaggio di papa Francesco per la XLVII Giornata della Pace promossa dalla Chiesa cattolica il prossimo 1° gennaio nel quale, oltre ad affermare la “fraternità come via alla pace”, sono messi bene a fuoco tre concetti fondamentali: a) le guerre costituiscono un impedimento al raggiungimento delle mete economiche e sociali di benessere dell’umanità; b) gli armamenti costituiscono i pretesti per le guerre, per cui è necessario il disarmo “a cominciare dal disarmo nucleare e chimico”; c) per questo bisogna “giungere all’effettiva applicazione nel diritto internazionale del diritto alla pace, quale diritto umano fondamentale, pre-condizione necessaria per l’esercizio di tutti gli altri diritti”.
L’appello di papa Francesco è più che mai puntuale e centrato visto che, come spiegava già nel 2005 il professor Antonio Papisca – titolare della Cattedra UNESCO Diritti Umani, Democrazia e Pace dell Università di Padova – non esiste il riconoscimento giuridico internazionale del diritto alla pace, anche perché da questo discenderebbe la prescrittività – e non più la discrezionalità – del disarmo e il relativo controllo sovranazionale, rinforzando – di fatto e di diritto – il ripudio della guerra anche nella “risoluzione delle controversie internazionali” e obbligando alla costituzione di strumenti alternativi, come una vera “polizia internazionale”, presso le stesse Nazioni Unite. Gli Stati – che nel loro insieme spendono ogni anno oltre 1.740 miliardi di dollari per gli armamenti – si guardano bene dal riconoscere il diritto umano alla pace perché ciò, dice ancora Papisca, depotenzierebbe il diritto degli Stati a fare la guerra, loro “attributo essenziale”, obbligandoli all’officium pacis, cioè al dovere di fare e manutenere la pace. Dunque al disarmo
Vista l’esperienza italiana, con il permanente aggiramento dell’art.11 della Costituzione, non conterei troppo sull’automatismo degli effetti, ma senz’altro la definizione del diritto umano alla pace, come proposto dal papa, sarebbe uno strumento giuridico formidabile a disposizione dell’impegno internazionale per la pace e il disarmo. Nonostante il diritto “che cessino i tormenti della guerra” fosse presente già nella Carta di Manden nel Mali del 1222 (considerata una lontana antesignana della “occidentale” Dichiarazione universale dei diritti umani, dove al contrario il diritto alla pace non c’è), non ve n’è alcun cenno neanche nella recente (2000) Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, neppure nella forma italiana del “ripudio della guerra”. Una grave dimenticanza per un soggetto politico-istituzionale Premio Nobel per la pace.
Non è un esercizio retorico, dunque, l’indicazione di papa Francesco per il diritto alla pace quale “pre-condizione necessaria per l’esercizio degli altri diritti”, ma ribadisce autorevolmente quanto sostengono da tempo anche i movimenti italiani per il disarmo, i quali puntualmente spiegano nelle loro campagne quanto i diritti sociali e civili sono di fatto dimezzati – o direttamente negati – proprio a causa delle ingenti risorse pubbliche sprecate nelle insane spese militari. E’ quello che evidenzia con ironia Rete Italiana Disarmo nel ciclo di video realizzati per la Campagna No-F35 (i caccia progettati per trasportare anche ordigni nucleari), per esempio rispetto ai diritti delle persone disabili
Infine, chissà come l’avrà presa il devoto ministro Mauro impegnato nella corsa agli armamenti per “amore della pace“: il primo gennaio sarà in piazza San Pietro a chiedere, con il papa, a se stesso ed al governo Letta (anch’egli devoto) il disarmo o a bordo della portaerei Cavour nel suo tour fieristico intorno all’Africa a vantare i gioielli del made in Italy bellico italiano, come ad Abu Dhabi?
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