Famiglia

Seminare, raccogliere e restituire..

di Jennifer Zicca

2. IL RAPPORTO CON GLI EDUCATORI

“La differenza sta nella qualità dell’impegno, della passione, dell’ascolto attivo, nel genuino interesse verso di noi” 

Chiediamo che gli educatori siano appassionati. Per noi è molto importante sentirci ascoltati e sapere che qualcuno tiene veramente a noi. Ciò che distingue un educatore bravo da uno meno bravo è il fatto che non lo faccia solo come un lavoro, ma che lo faccia con un genuino interesse verso di noi, noi ci accorgiamo molto bene della differenza. E la differenza la fa la qualità dell’impegno, della passione e dell’ascolto attivo di noi ragazzi, oltre alla capacità di non giudicarci. Chiediamo agli educatori di tenere in considerazione i diversi caratteri dei ragazzi e quindi di interagire, conversare, “punire” anche in base a questi. Non uniformare i comportamenti, perché noi siamo tutti diversi.

L’educatore dovrebbe relazionarsi ai ragazzi per come sono e non per come vorrebbe che fossero. Il percorso educativo del minorenne deve tenere conto delle sue passioni: è importante imparare ad ascoltare e ad accogliere gli interessi di ciascun ragazzo.

L’educatore deve essere una figura di esempio per noi e pertanto deve essere coerente nelle sue azioni e pensieri. Agli educatori chiediamo pertanto di non aver paura di riconoscere e ammettere i loro errori. Ai ragazzi che stanno per uscire dalle comunità consigliamo di non rompere il rapporto con gli educatori, soprattutto nella fase finale. Prima di uscire capita infatti di sentirsi molto tesi, stanchi, arrabbiati, preoccupati…ma non ha senso prendersela con gli educatori. Al tempo stesso chiediamo che possa essere garantita la continuità con almeno una figura di riferimento tra il prima e dopo l’uscita, potrebbe trattarsi sia di un educatore che di un assistente sociale o di un volontario, ma con cui noi ragazzi abbiamo un rapporto significativo.

Tratto da “Le 10 Raccomandazioni del Care Leavers Network Dell’Emilia Romagna 2014”.

Quante volte vi siete sentiti a disagio con delle persone a voi vicine perché si comportavano in modo autoritario nei vostri confronti? Pensate a quando a scuola avevate dei professori severi che vi trattavano in modo indistinto dai vostri compagni: “Ora vi metto una nota di classe perché fate casino!!!!”; pensate a quando avete iniziato a lavorare in quella sede dove il vostro capo era un tiranno: “Devi fare questo e quello. Devi farlo ora. Devi…”. Pensate a quando i vostri genitori vi imponevano dei no secchi perché avevano deciso così: “Ho detto che non puoi uscire, punto e basta.” Molti di voi avranno altri mille esempi che si portano nel proprio bagaglio di ricordi e, proprio basandomi sui miei ricordi personali, penso che se le persone che ci circondano, e forse ogni tanto pure noi stessi, evitassero di ostentare comportamenti autoritari le nostre vite sarebbero migliori perché più serene.

I ragazzi che hanno passato un pezzetto della loro esistenza in percorsi fuori famiglia hanno vissuto sulla propria pelle il peso della differenza che intercorre fra avere al proprio fianco delle figure autoritarie e non attente e vivere con persone autorevoli, attente ai loro bisogni e alla loro persona. Per questo motivo loro stessi pongono l’attenzione su questa grandissima sfumatura di approccio all’interno delle loro 10 “Raccomandazioni”.

 

Gli educatori e/o le famiglie affidatarie autorevoli ascoltano i ragazzi dando così loro modo di sentirsi ascoltati e meglio capiti, li supportano per non far pensare loro “sono solo”; studiano i loro problemi e cercano insieme a loro di risolverli pensando anche a quando un giorno non troppo lontano questi ragazzi dovranno affrontare le difficoltà in autonomia, vedono la differenza che intercorre fra ognuno di loro perché non sono tutti uguali, li supportano nei loro drammi della vita per creare un rapporto che non sia solo lavorativo ma affettivo e di reale accompagnamento verso la vita adulta, permettono loro di discutere su una decisione per allenarli per il futuro in cui dovranno essere in grado di argomentare le proprie opinioni.

Già queste figure autorevoli hanno un gran bel lavoro da fare, ma occorre sempre ricordarsi che chi semina bene raccoglie buoni frutti. Se ho dei terreni non posso permettermi di seminarli tutti nello stesso modo ma devo fare un’analisi approfondita e cercare la migliore soluzione rispetto alle caratteristiche di ogni singolo appezzamento di terra, devo valutare di cosa ha bisogno ogni podere perché dia i frutti migliori in futuro, devo pensare a priori che dovrò fare dei sacrifici per coltivarli in modo diverso.

 

Il risultato, lavorando in modo interessato e diversificato, mi darà diversi tipi di frutti buoni e adatti al mondo del mercato, a differenza di ciò che otterrei coltivando i campi senza valutare le possibilità di crescita di una piantagione in quelle condizioni ambientali, le caratteristiche chimico-fisiche, le possibilità di accesso … in questo caso probabilmente avrò un raccolto scarso e non vario, piante malandate, sofferenti.

Anche noi ragazzi siamo come quei terreni, tanti campi ognuno diverso dall’altro capaci di restituire frutti in futuro se curati nel modo adatto: i nostri bisogni vanno accolti, i nostri punti di partenza vanno valutati, i nostri obiettivi tenuti sempre in considerazione, le nostre storie passate tenute sempre presenti in ogni giorno di accoglienza, un carattere diverso da affrontare e difficile da accettare va sempre considerato e compreso… Solo così nel nostro domani da adulti potremmo raccogliere, restituire e donare i nostri frutti a tutti voi, voi che siete società, voi che sarete nel nostro futuro, voi che ci insegnate come coltivare quelli che saranno i nostri campi da coltivare, voi che sarete il nostro mercato della vita.

Voi come noi. Noi come voi.

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