Cultura

Ho Soltanto un amico “busker”

di Lorenzo Maria Alvaro

Giorni fa, navigando su Facebok come mio solito, mi sono imbatutto in questa didascalia ad una foto.

«Oh mio dio, ecco l’ennesimo vigile che viene a farmi storie…»
«Buongiorno»
«Eccoci, ci siamo…»
«È dal fondo del viale che la ascolto»
«E ti pareva se non doveva avere da ridire sui volumi… ma come glielo spiego ora che più basso di così mi tocca suonare muto…»
«Ma lei lo sa che è davvero bravo?»
«Cosa?»
«Lei è proprio bravo, mi ha emozionato. Dovevo venire a farle i complimenti di persona, perché… non so spiegarle… posso prendere un suo disco? Le lascio la mia offerta»
Carabiniere di Varese 1 – Soltanto 0

Molto divertito ho guardato la foto.

Ma a quel punto mi sono bloccato. C’era qualcosa nel ragazzo sorridente con la chitarra che all’inzio mi era sfuggito. Poi l’illuminazione: ma è Matteo Terzi! (in realtà originariamente c’era anche un’imprecazione).
A quel punto ero confuso. Un amico, sparito nel nulla per anni, riappare con un altro nome, per altro enigmatico, e suona per strada. Ora Matteo è Soltanto: tre anni in giro per le strade d’Europa, in tenda o camper. Ogni marciapiede un palco. Voce e chitarra. Una raccolta in rete per pubblicare il primo disco. Così ho deciso di chiamarlo.


Soltanto in una delle sue esibizioni strada

Pronto Matteo?
Bella Lore!

O forse adesso dovrei chiamarti Soltanto?
Soltanto Matteo (ride)

È questo il significato di questo nome d’arte: soltanto te stesso?
All’inizio mi chiamavo Matte Supertramp. In omaggio all’idea del supervagabondo. Una sorta di super eroe. Dopo un mese di viaggio, tra autostop, tenda e mal di schiena ho capito che il punto era essere soltanto me stesso. O almeno che già quello sarebbe stato un grande traguardo.

Devo farti un po’ di domande, ma andiamo con ordine. Cosa diavolo è un busker?
L’artista di strada. Il musicista di strada è il musicista che viaggia e che si arricchisce suonando sempre in posti diversi con persone diverse

E come si diventa artisti di strada?
Io non ne ho idea. Credo sia un vocazione, un richiamo. L’idea può appassionarti. Ma non basta. Diventarlo vuol dire dedicargli tutta la vita. Ed è una vita faticosa- La cosa più importante per me oggi è mantenere questa libertà nonostante le difficoltà. Se ti racconto cosa mi è successo con il camper solo in questi giorni capisci subito…

Racconta…
Prima abbiamo avuto perdite di gas e conseguente rischio esplosione per via di un dosatore guasto. La notte poi c’era puzza di bruciato. Pensavamo fossero i freni e siamo andati a dormire. Dopo un po’ però abbiamo cominciato a sentire un caldo anomalo e abbiamo scoperto che stava andando a fuoco la batteria di servizio. Acido ovunque e notte in bianco. Ti assicuro, non può essere una passione momentanea

Soltanto in strada canta un medley di Fix You dei Coldplay e Blowin’ in the wind di Bob Dylan

Io mi ricordo di te al Papagayo Cafè di via Savona. Ci si vedeva spesso. Abitavi lì di fronte e arrotondavi facendo qualche cocktail, dal gusto discutibile per la verità. Sognavi di organizzare concerti, mi pare che lavorassi per una piccola agenzia…
Vabbé infatti non faccio più il barman. Mi pare fosse lo stesso periodo in cui ti legnavo a Pro Evolution Soccer sulla Play! (ride)

Io non me la ricordo così… In ogni caso: come si passa dall’ascolto al suonare, dal voler organizzare al salire sul palco?
Io suonavo già prima dell’esperienza organizzativa. Avevo preso una pausa perchè non riuscivo a trovare le opportunità giuste per me. Ero passato dall’altra è parte della barricata per questo. per crearle quelle opportunità. Mi comunque scontrato contro muri invalicabili. Ho semplicemente pensato di semplificare tutto il più possibile. Chitarra, voce, strada. Nessun intermediario. Nessuna precondizioni. Né locali, né biglietti, né cocktail. Come dice il finale di “Into the Wild “la felicità è reale solo se condivisa”. Sono partito da qui. Nel vero senso della parola.

Non che oggi le cose siano migliorate. Penso alla lettera rivolta a Pisapia dell’associazione “Artisti di strada” sulle pratiche per avere i permessi per suonare in strada o alla petizione online di Stefano Boeri rivolta al ministro Bray…
Si di problemi ce ne sono ancora tanti. Sono diventato presidente dell’associazione degli artisti di strada di Milano. Stiamo provando a fare pressione perchè le cose migliorino…

È uscito da poco il tuo primo disco “Le chiavi di casa mia”, finanziato con i soldi raccolti tra i tuoi fan. Cosa significa dopo tre anni in giro per l’Europa?
Si ho raccolto in tutto 10.500 euro dalla rete. A me ne sono arrivati, togliendo il 15% di commissione, 8500. Non ha coperto tutti i costi ma la maggior parte. Questo disco in realtà sono stati gli eventi a determinarlo. Ho cominciato a suonare in strada e non mi ero posto obbiettivi. Poi ho visto che alle performance si creavano momenti unici, quasi magici, di grande intimità. Mi spiaceva che questi incontri terminassero con le performance. Da lì è nata la mia presenza in rete, per coltivare gli incontri. Quando sono tornato in Italia e ho visto l’affetto che la mia storia incontrava ho pensato che fare un disco poteva avere un senso. Ma ho pensato che il modo giusto fosse quello di spostare la custodia che tengo aperta in strada sulla rete. Il disco si sarebbe fatto se avesse potuto auto finanziarsi

Sai che per questo c’è chi ti ha definito il re del crowdfunding italiano? Sei un guru economico!
C’è solo una cosa vera: su Musicraiser sono, tra gli emergenti, quello che ha raccolto di più. Credo che come disco di esordio sia un record italiano

Il primo disco di un musicista nomade parla delle chiavi di casa sua… è uno scherzo?
Ha un duplice significato. Prima di tutto poter riscrivere un finale diverso alla storia con Federica, la mia ragazza che probabilmente hai conosciuto. Una storia finita male. Ho cercato di descriverlo questo finale, immaginando una serenità in cui potessi lasciarle le chiavi di casa. Nell’ultimo periodo a dire la verità lo facevo ma poi io non c’ero (ride). Poi c’è il tema della casa in sé. È vero che faccio una vita nomade. Ma questo non significa non avere casa. Il nido non è necessariamente un appartamento in via Savona. Può essere anche un camper o un affetto. C’è poi un’altra componente. In questi anni ho vissuto le case di tante persone. Quelle che mi hanno ospitato. Così idealmente, per una volta, le posso ospitare io

Il disco è molto romantico. Ma più che ad una donna tu dedichi le tue canzoni ad un cane, lo hai fatto anche al tuo concerto d’esordio…
Si a Sarah. Era il mio cane. L’ho recuperata al canile. Per me è stata importantissima. Purtroppo non ho potuto condividere con lei la gioia del disco. La sua importanza è stata insegnarmi ad amare. So che può sembrare strano. Però è così.

Per strada suoni pezzi di James Blunt, Coldplay, Oasis e Bob Dylan. Nel comporre le canzoni del disco sono tornati questi artisti?
È la musica con cui sono cresciuto. Ognuna di quelle canzoni è legata ad un momento importante della mia vita. Chiaramente il disco ne ha risentito. SIa delle canzoni che dei momenti

Il disco è fresco senza scadere nel tormentone, malinconico senza diventare strappalacrime, ricercato senza diventare supponente, pop senza voler piacere per forza. In una parola molto equilibrato per essere una prima. È la strada che fa questo effetto?
No, sono un genio! Non dai, non lo so. Ho solo cercato di fare semplicemente il meglio, perseguendo la semplicità. Anche in studio questo era l’obbiettivo. L’unico certezza era che volevo che ci fosse molto violoncello

A questo punto ho finito le domande. Ci canti qualcosa?
Volentieri

Qui sotto il video con dedica di Soltanto a voi lettori

Soltanto vi dedica “Le chiavi di casa mia”

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