La notizia che sta facendo il giro dei social network in ambito musicale è la censura denunciata da Fedez (cantante e giudice di X Factor) circa la copertina del suo album Pop-Hoolista da parte del Ministero dello Sviluppo Economico. Una notizia che ha visto gridare allo scandalo anche molti giornalisti di nome, tra i quali l’immancabile tuttologo Andrea Scanzi.
La notizia l’ha lanciata lo stesso Fedez con un video sulla sua pagina Facebook.
Il cantante ha parlato testualmente di provvedimento che rende la copertina dell’album fuorilegge e chiosato «secondo gli organi che vigilano metà opere di street artist contemporanei sarebbero illegali» per poi far vedere una maglia della marca Obey sottolineando come, raffigurando un maiale vestito da poliziotto, dovrebbe essere censurata e invece è in commercio.
Tutto chiaro se non fosse che Fedez e il suo avvocato (il quale per altro nel video dichiara «vogliono ostacolarti questo è evidente») fanno un po’ i furbi.
Il punto è che non c’è alcuna censura. Nonostante Fedez voglia far passare la sua per una questione culturale e di libertà violata la natura della questione è esclusivamente commerciale.
Andiamo con ordine. Fedez si è rivolto all’ufficio marchi e brevetti dello stato per depositare la copertina e il logo del suo album.
Leggendo la documentazione che lo stesso cantante mette a disposizione su Facebook si legge che la giustificazione del rigetto si rifà al D.Lgs 30/2005, il Codice per la Proprietà Industriale, il quale stabilisce alcuni paletti alla tutela dello Stato rispetto ai marchi.
Quindi Fedez vuole che logo e copertina siano sua esclusiva per essere l’unico a poter produrre e godere dei proventi di eventuali prodotti di marchandising legato al marchio registrato. Non stiamo più parlando di arte o cultura. Fedez vuole guadagnare da un brand sotto la tutela dello Stato, il quale però non può tutelare un marchio in cui viene dileggiato un proprio servitore (il poliziotto sull’unicorno, che Fedez chiama Pony…).
D’altra parte le regole cui fa riferimento l’ufficio recitano:
«Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa:
a) i segni contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume;
b) i segni idonei ad ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi;
c) i segni il cui uso costituirebbe violazione di un altrui diritto di autore, di proprietà industriale o altro diritto esclusivo di terzi».
L’Ufficio Brevetti insomma semplicemente non ha ritenuto l’immagine proposta da Fedez tutelabile da parte dello Stato in quanto contraria all’ordine pubblico e al buon costume. Che non significa che questa effige non possa essere commercializzata e divulgata.
L’Ufficio Brevetti per altro lo spiega in maniera chiara e comprensibile quando scrive:
«Ovviamente non abbiamo alcuna competenza sugli album musicali. Il problema si è posto perché per la prima volta un cantante ha chiesto di registrare un marchio con il nome dello stesso album. I contenuti del marchio, ed in particolare l’immagine di un poliziotto che sembra picchiare un personaggio che sta vomitando, sono sembrati all’Ufficio italiano dei marchi e dei brevetti come non rispondenti alla normativa che regola la tutela dei brand»
L’unico problema di Fedez dunque sarà far valere l’esclusiva su queste immagini e loghi. Insomma rischia solo di perderci qualche soldo.
Un’ultima notazione. Fedez porta come esempio una maglietta Obey che raffigura un maiale vestito da poliziotto. Molto probabilmente se la Obey andasse a depositare all’ufficio brevetti il disegno della maglietta si vedrebbe rigettare la richiesta esattamente come Fedez. Il fatto è che ad essere registrato sarà certamente il marchio Obey, non ogni disegno che compare su ogni capo d’abbigliamento prodotto dalla marca. Anche qui Fedez fa il furbo.
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.