La Basilicata, la regione da cui provengo, è una terra aspra, da sempre avara di opportunità per i suoi abitanti. In alcuni casi, la sua ancestrale povertà è stata la sua ricchezza, il suo territorio aspro è stato preservato e tramandato a testimoniare non un passato glorioso, ma difficile e drammatico.
Matera ha saputo inventarsi proprio su questo concetto. Il suo guartiere dei Sassi, un tempo luogo malsano ed intriso di disperazione, tragedie e sofferenza, è oggi il cuore pulsante di una cittadina meridionale, profondamente mediterranea.
Matera si candida ora ad essere capitale della ultura nel 2019 e lo fa in maniera inedita. L’architettura passata non è stata congelata nel tempo, ma è parte integrante della vita dei Materani, attraverso attività culturali, spazi di co-working o incubatori di imprese.
E’ un modo inedito di candidarsi ad essere Capitale della Cultura, un modo che usa il turismo e la storia urbana per reinventare il proprio futuro, magari come città in grado di attrarre capitale umano e crescere sulla base della spinta di un terziario avanzato da inventarsi.
E’ un progetto ambizioso, ma è questa la ragione, insieme al più bieco campanilismo, che mi spinge a sostenere la candidatura di #Matera2019.
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