A riprova che un’opinione pubblica consapevole alla fine qualche risultato lo ottiene (e noi con il nostro blog qualche contributo lo abbiamo dato), Consob inizia (in ritardo) a correggere il malcostume delle buonuscite milionarie dei top manager italiani. Purtroppo, scegliendo lo strumento della “raccomandazione”, dimostra ancora una volta di non avere capito che la protezione dell’azionista di minoranza non passa (solo) dalle misure di auto-regolamentazione e di trasparenza che le aziende vorranno adottare.
Non entriamo nel merito del malcostume (vedi qui e qui precedenti interventi), ma usiamo le parole stesse della Consob per dimostrare quale sia il reale rapporto di forze tra manager e azionisti (di minoranza) nelle società ad ampia capitalizzazione. Teniamo a mente, leggendole, che siamo a giugno del 2014, non nel far-west della borsa milanese del secondo dopoguerra, e ricordiamo che la tutela dell’azionista di minoranza è fondamentale per lo sviluppo di un moderno mercato finanziario:
“ Si raccomanda che le società italiane rendano noti al mercato (cioè, agli azionisti di minoranza NdA) gli elementi di seguito indicati:
a) adeguate informazioni sull’indennità e/o altri benefici, incluso il relativo ammontare, il momento di erogazione ….. con particolare riferimento a: indennità di fine carica o di cessazione del rapporto di lavoro, specificando il caso di maturazione o cessazione verificatosi; benefici (monetari o non monetari) successivi alla cessazione dalla carica; impegni di non concorrenza … “
… è “normale” che un (piccolo) azionista non sappia se il CEO della propria società riceva o meno una buonuscita? Nell’economia reale no, ma nel mondo delle grandi aziende, quotate e a proprietà diffusa, evidentemente si. Altro punto illuminante su come realmente stanno le cose viene con la seconda e la terza raccomandazione:
” b) la conformità o meno dell’indennità e/o altri benefici alle indicazioni contenute nella politica retributiva e, nel caso di difformità anche parziale rispetto alle indicazioni della politica retributiva, informazioni sulle procedure deliberative seguite in applicazione del Regolamento OPC; “
c) se sia stata valutata l’applicazione e, in caso affermativo con quale esito, di meccanismi che pongono vincoli o correttivi alla corresponsione dell’indennità come anche raccomandato dall’autodisciplina nel caso in cui la cessazione del rapporto sia dovuta al raggiungimento di risultati obiettivamente inadeguati, nonché se siano state formulate richieste di restituzione di compensi già corrisposti; “
Queste due raccomandazioni sostanzialmente si riferiscono ai casi di manager che hanno ricevuto premi variabili e sontuose buonuscite anche in presenza di risultati negativi per gli azionisti. Non stiamo parlando dello stipendio fisso, a cui il manager, come qualunque lavoratore, ha sacrosanto diritto. Stiamo parlando dei premi che, in qualsiasi documento aziendale che disciplini la politica retributiva dell’operaio come del top manager, dovrebbero essere legati ad una prestazione superiore alle aspettative. Ebbene, nel giugno del 2014, è la Consob a “raccomandare” che l’azienda (cioè un manager) spieghi al piccolo azionista perchè un manager le cui prestazioni siano state palesemente inadeguate debba ricevere un premio.
Se questa è la situazione, pensate che una maggiore trasparenza e l’auto-regolamentazione basteranno? Per giustificare la corresponsione di generosi premi variabili al proprio top management, una grande azienda quotata italiana, avvalendosi dello studio di una società di consulenza indipendente, dimostrava in totale trasparenza che le proprie azioni avevano sì fatto peggio dei propri competitor internazionali ma avevano performato meglio del FtseMib. Ma qualcuno del comitato retribuzioni o del cda ha fatto notare che il risultato è dovuto alla composizione settoriale dell’indice? O forse il top manager in questione è responsabile della collocazione settoriale della società?
Purtroppo, date le dimensioni delle grandi aziende e la complessità dei mercati finanziari, esisterà sempre una forte asimmetria informativa tra i diversi attori. La trasparenza non basta. L’auto-regolamentazione da parte dei soggetti forti non basta. Sono necessarie autorità di vigilanza, come la Consob che tutelino i soggetti più deboli. Ma per tutelarli effettivamente non devono limitarsi ad emettere raccomandazioni o a verificare il rispetto formale delle regole e dei contratti. Devono avere la forza e il coraggio di entrare nel merito.
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