“Il gioco è vietato ai minori” suona come “La scuola è vietata agli alunni” o “La pista da ballo è vietata ai danzatori”. Non si può sentire. Ma si sente. Ogni volta che la tv trasmette uno spot che promuove un “gioco con vincita in denaro”. Gioco d’azzardo.
Sono un giocatore, adoro i giochi di società e i videogame, e ne scrivo con cognizione di causa: quasi ogni gioco presenta una componente di azzardo; nel momento in cui sei chiamato ad effettuare una scelta metti a repentaglio una buona partita, e magari la vittoria finale.
Se l’erezione di due case su Viale dei Giardini ti manda al verde, puoi azzardarne la costruzione confidando che (o avendo calcolato le probabilità per cui) un avversario le visiterà prima che tu fallisca.
È un azzardo, e sta a te decidere se sia quella la scelta giusta. Ma non ho mai sentito di nessuno che non riusciva a smettere di giocare a Monopoli. Né che a Monopoli si è giocato l’appartamento.
I giochi “solo di fortuna”, invece, non mi appassionano. Faccio eccezione per il Gioco dell’oca, che non contesto per evidenti conflitti d’interesse.
Storicamente attendo trepidante la tombolona del 26 dicembre come momento tradizionale del mio Natale. Mi svacco sul divano e, al suono di “3!… 85!… 49! AMBO! Che numeri? 49 e 85… Bene. 800.000!”, mi appisolo beato, scontando la maratona festiva dei due giorni precedenti. Non ho mai sentito chiamare più di un ambo, ho il sonno pesante e fulminante.
Nella mia “significazione della realtà” (?!) questi giochi possono avere valore relazionale, come una tombola familiare, appunto. Ma quando c’è in gioco una vincita in denaro, per quanto mi riguarda, il principio stesso dell’intrattenimento ludico viene messo in discussione.
Credo che sia lì che non è più gioco. Non so cosa diavolo diventi, intendiamoci. Però non è più gioco. E quando qualcuno dà i numeri di azzardopoli mi pare sia impazzito, talmente sono alti.
Ne estraggo tre, per non annoiare me e non annoiare voi:
_ 85: i miliardi di € fatturati dal gioco d’azzardo in Italia nel 2013.
_ 49: i gruppi criminali che si spartiscono il mercato dell’azzardo.
_ 800: le migliaia di cittadini italiani dipendenti dal gioco d’azzardo. 800.000. Su 60 milioni di abitanti.
Ben più approfonditamente ne scrive, tra gli altri, Simone Feder in un blog, compagno di Vita di questo, chiamato No Slot. Perché è qui che voglio arrivare: una cosa che si può fare concerne proprio la scelta. È molto facile.
Prediligiamo bar senza slot-machine.
Se poi uno ha ancora più voglia può aderire alla campagna Slotmob, che per il 5 giugno ha organizzato al bar Ressi (in via Ressi 17, zona Melchiorre Gioia) un aperitivo sensibilizzativo. E ci vediamo là.
Perché la cifra della vita di una persona non è un numero. Non può esserlo. Non deve esserlo.
Soprattutto oggi che è il mio compleanno.
Immagine| @The Hamster Factor
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