Salute

Il vaccino per tutti? Ancora non c’è

"Siamo sulla buona strada,ma per il momento nessuno ha pronta la soluzione".Il pioniere della lotta all'Aids spiega la sua ricetta e chiede più aiuti per il Terzo mondo.

di Carlotta Jesi

«L?Aids ha una dimensione planetaria e sarà vinto in tutti i Paesi del mondo o non sarà vinto affatto». Non usa tanti giri di parole Luc Montagnier, il pioniere della ricerca anti Aids, lo scienziato che con la sua scoperta restituì al mondo la speranza di poter vincere la sfida alla Peste del secolo. Ma ora, dal suo laboratorio di Parigi, dati alla mano, sembra davvero intenzionato a gelare gli entusiasmi degli ultimi mesi: «Altro che sconfitta, l?Aids continua a essere una delle più grandi sfide per l?uomo. Dal punto di vista scientifico e anche della solidarietà mondiale». Ma come professore, anche qui in Europa? Certo. E credere o far credere che l?epidemia si sia arrestata è estremamente pericoloso. I programmi di prevenzione e la triterapia, è vero, hanno portato a una stabilizzazione della situazione in Occidente e anche qualche miglioramento in alcuni Paesi in via si sviluppo come l?Uganda. Ma lasciar credere che potessero guarire l?Aids ha prodotto risultati negativi. Ci spieghi quali Innanzitutto, una diminuzione di interesse dell?opinione pubblica. E, come diretta conseguenza, anche dei finanziamenti sia pubblici che privati. Risultato? La ricerca sull?Aids continua a incontrare difficoltà. Ma non è anche un po? colpa dei medici? Di chi ha parlato tanto di successi quando un vaccino era ancora lontano? Sicuramente. Il punto però è che non si può dire con certezza quanto sia vicino o lontano il vaccino. Di certo sarà tanto meno lontano quanto più ci saranno mezzi per la ricerca. E purtroppo, finora, i fondi sono stati impiegati più per trovare una terapia che un vaccino. Ossia un prodotto biologico che imprima una specifica memoria nel sistema immunitario prima che l?organismo sia infettato dal virus. E che, soprattutto, sia privo di effetti tossici e copra tutti i ceppi virali così diversi nelle varie parti del mondo. Nessuno per ora ha la soluzione per un tale vaccino, ma le prospettive per realizzarlo sono buone e conosciamo la strada da percorrere: per farlo ci vogliono mezzi ma anche una più efficace collaborazione scientifica a livello internazionale. Compresi i Paesi in via di sviluppo? Soprattutto i Paesi in via di sviluppo. Dove l?Aids sta mettendo in crisi l?intero sistema sanitario e l?avvenire economico di intere regioni. E ogni giorno che passa contribuisce ad aumentare il divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri. Basti pensare che, a causa dei costi elevati, oggi solo il 10% dei malati di Aids può avere accesso alla triterapia. E nessuno di loro vive più a sud dell?Equatore. Come state facendo fronte a questa emergenza? Davvero per aiutare Paesi come l?Africa basterà sperimentare nel Sud del mondo i vaccini occidentali? L?Aids impone un dovere di solidarietà nell?interesse stesso dei Paesi occidentali. Quindi la cooperazione internazionale non deve solo ?sperimentare?, ma creare un ponte di scambi, di formazione, di informazione scientifica e di aiuti economici. Il punto, infatti, non è solo finanziare la triterapia, ma anche creare le strutture sanitarie necessarie alla sua somministrazione. In che modo? Per esempio, come stiamo cercando di fare con la Fondazione Mondiale per la Ricerca e la Prevenzione dell?Aids che ho creato con Federico Major, direttore generale dell?Unesco. Abbiamo istituito dei centri di ricerca e di assistenza clinica che lavorano in sinergia tra loro in vari continenti; uno di questi funzionerà a Roma, presso l?Istituto Spallanzani. Il loro compito è trovare un vaccino, ma anche nuovi farmaci per mettere a punto terapie nel confronto delle quali il virus non sviluppi resistenza. Il nostro obbiettivo è trovare un trattamento che, anche quando viene sospeso o ridotto, non permetta al virus di ricomparire, come avviene oggi con la triterapia. Un trattamento di durata limitata, meno costoso e più facile da somministrare. Da estendere anche ai malati di Aids dei Paesi in via di sviluppo. Molta gente continua a credere che il caso Aids sia stato montato dalla comunità scientifica e dalle aziende farmaceutiche per ottenere più finanziamenti. Lei che ne pensa? Lascio che siano i fatti e i decessi a parlare. L?Aids è una malattia virale. Se l?Hiv non fosse la causa di questa sindrome, i farmaci contro il virus non avrebbero alcun effetto. Mentre in realtà funzionano, hanno risultati concreti, salvano vite umane, rallentano il decorso della malattia. Quindi non c?è più spazio per ipotesi fantasiose. È invece necessario che i nostri governanti e l?opinione pubblica comprendano che lo sforzo di ricerca sull?Aids è molto importante per il futuro dell?umanità. E che l?epidemia non venga mai sottovalutata.


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