Nel 1971 il venticinquenne Steven Spielberg firma il suo primo lungometraggio, intitolato Duel. Un capolavoro a basso costo, che narra l’avventura allucinante di un automobilista pedinato da un camionista. Il film si gioca sulla relazione fra i due personaggi, ma la trovata geniale è che sappiamo tutto dell’automobilista, ma non sappiamo nulla del camionista. È il destino, e in questo caso il trucco narrativo, della comunicazione: scegliere sempre un punto di vista. Lo fa chi racconta e lo fa, in qualche modo, anche chi ascolta o legge.
Il duello di Spielberg è una guerra a due. E la parola stessa suggerisce il numero due nella radice, per trasformarsi da duellum a dvellum, fino a bellum, cioè guerra. Come dire che la guerra si comincia sempre in due. E noi che assistiamo siamo chiamati a parteggiare per uno o per l’altro dei duellanti.
Questa notte i duellanti più noti del pianeta sono Hillary Clinton e Donald Trump, in queste settimane hanno combattuto con colpi alti e bassi (illegali nei duelli sportivi). Chi speriamo vinca? Ma anche fra l’Italia e l’Europa stiamo assistendo a un duello sui conti e sulle manovre economiche. Per chi parteggiamo noi? E che dire del duello fra il “sì” e il “no” sulla riforma della Costituzione: il referendum non è un duello, almeno in questo caso? Sempre ci dobbiamo schierare: il duello non ammette astensionismo, per così dire.
A volte derubricato a semplice “faccia a faccia”, il duello ha origini antiche: Davide e Golia, Ettore e Achille, fino ai superlativi avversarsi scacchistici Anatolij Karpov e Garry Kasparov o i meno nobili capi ultrà delle squadre di calcio, che si danno appuntamento prima delle partite per dirimere a mani nude la questione. Così è la fenomenologia del duello: da lotta bruta per la sopravvivenza, come per gli animali di fronte ad una preda da assegnare, è divenuto rito consensuale e regolamentato (nonché prestabilito) in difesa dell’onore. Insomma, si dice duello per nobilitare, nella comunicazione, uno scontro, perfino una guerra. Ma la guerra non è mai nobile e consensuale. E nemmeno lo sono molti dei duelli che quotidianamente si mettono in scena.
Lucky Luke (Morris)
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