Leggo in questi giorni i tweet disperati dei genitori che ancora hanno i bambini in Congo, genitori in attesa da anni di bambini che a loro volta stanno attendendo la loro famiglia.
L’attesa di un figlio ha un tempo giusto, costruttivo, di preparazione; ha un tempo faticoso, di ansia, di logoramento; ha un tempo ingiusto, doloroso, inutile, dannoso.
Per questi bambini siamo ormai da molto nel tempo ingiusto. Perché se per un adulto è forse possibile – sicuramente non facile ma possibile – farsene una ragione, cercare di comprendere, farsi forza utilizzando gli strumenti di difesa e di controllo costruiti in anni di vita, per i bambini non è cosi, specialmente per bambini già enormemente provati dalla vita come sono i bambini abbandonati.
Mi colpiscono nel profondo le attese inutili e dannose perché ne ho fatto esperienza e se ho cercato di fare pace con il dolore che ho, che abbiamo, patito e che tuttora ha delle conseguenze, non riesco ancora spegnere l’eco intensa che la sofferenza per le attese degli altri mi fa risuonare dentro.
Anch’io ho aspettato una figlia lontana, una figlia che aveva urgenza di arrivare in Italia per essere sottoposta ad un intervento forse in grado di ridurre le conseguenze di un trauma subito alla nascita. L’esito dell’intervento dipendeva dalla sua tempestività, ce l’aveva detto chiaro e senza giri di parole il professore a cui ci eravamo rivolti, uno dei più grandi chirurghi del settore.
Ma il buon senso, la logica, le necessità dei bambini non sempre sono il primo pensiero di chi considera quelle vite solo delle carte da firmare, dei visti da mettere, dei permessi da accordare. Cosi abbiamo atteso nostra figlia per più di un anno, nulla rispetto al tempo che stanno attendendo i genitori dei bambini congolesi, troppo per darle una speranza di guarigione.
Del lungo intervento a cui è stata sottoposta dopo il suo arrivo in Italia mi ricordo solo le sue mani che si tendono verso di me prima di entrare in sala operatoria e la sua voce che mi dice “mamma non lasciarmi!”. Poi il tempo della convalescenza, la riabilitazione, e la conferma che l’attesa era stata troppo lunga e l’intervento non aveva avuto l’efficacia che ci aspettavamo.
L’attesa, l’attesa troppo lunga, è dannosa sempre, non solo in questi casi estremi in cui le conseguenze sono cosi dannatamente visibili.
Ogni giorno di attesa in più significa per i bambini maggiore sofferenza, maggiori difficoltà di inserimento in famiglia e nella nuova realtà, maggiore fatica nel ritrovare un equilibrio. Questo devono ricordarlo sempre tutte le persone che hanno la responsabilità di decidere i tempi dell’attesa di questi bambini, chi può o potrebbe accelerare i tempi e non lo fa, chi invece i tempi li allunga deliberatamente.
Chiunque abbia queste responsabilità e questi poteri si deve sentire chiamato a fare tutto il possibile per fare in modo che questi bimbi raggiungano al più presto le loro famiglie in modo da ridurre la loro sofferenza e le conseguenze della lunga attesa. Il superiore interesse dei bambini deve essere reso concreto con i comportamenti!!
Ai genitori che stanno attendendo dico: non disperate mai, quel momento arriva e dovrete essere in grado di raccogliere tutte le vostre forze migliori per accogliere vostro figlio e assicurargli tutto ciò di cui avrà bisogno per crescere. La mia esperienza è che comunque i bambini hanno sorprendenti doti di resilienza e di recupero. Avrete però bisogno di aiuto per affrontare lo speciale impegno di crescere questi figli tanto attesi: non abbiate mai paura di chiederlo. Il sostegno dei parenti, degli amici, degli altri genitori adottivi, dei professionisti ha un valore enorme. Per quello che conta, vi sono vicina.
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