Guardate che il ministro Poletti non ha detto nulla scandaloso, anzi è tutto condivisibile:
"Intanto bisogna correggere un'opinione secondo cui quelli che se ne vanno sono sempre i migliori. Se ne vanno 100mila, ce ne sono 60 milioni qui: sarebbe a dire che i 100mila bravi e intelligenti se ne sono andati e quelli che sono rimasti qui sono tutti dei pistola. Permettetemi di contestare questa tesi".
Come dargli torto, se non ammettendo che la stragrande maggioranza di giovani che vivono e lavorano in Italia sarebbero inferiori a coloro che se ne sono andati.
"Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi".
Bene li conosco anche io, alcuni sono anche dei pregiudicati, quindi condivido. Certo non sono tutti né molti. Alcuni appunto.
"Detto questo è bene che i nostri giovani abbiano l'opportunità di andare in giro per l'Europa e per il mondo. E' un'opportunità di fare la loro esperienza, ma debbono anche avere la possibilità di tornare nel nostro Paese. Dobbiamo offrire loro l'opportunità di esprimere qui capacità, competenza, saper fare".
Condivisibile al 100% anche questo.
Allora perché le sue parole stanno creando tutto questo scandalo? Una considerazione semplice: ormai il problema della comunicazione politica non è il contenuto, ma l'opportunità del contenuto stesso di essere espresso, in base al clima sociale e le contingenze politiche. Il ministro Poletti non è nuovo ad uscite indiscutibili -sul piano dei contenuti-, quanto discutibili -sul piano dell'opportunità-. Solo che così si scredita da solo, ed è un problema per lui stesso e per coloro che credono che la sua azione di governo non sia da buttare alle ortiche. Ma pare che i politici non sappiano più scegliere in materia di comunicazione fra "guru" strapagati e "nulla". Perché poi si offre il fianco a lettere come queste il cui unico e rispettoso commento può essere: "ti piace vincere facile cara Marta".
Quello che invece nessuno mette in discussione è il livore con cui tanti profili -perché in politica i cittadini si stanno trasformando in semplici profili- aggrediscono il ministro, dando a lui e alla attuale classe politica tutta la colpa del problema di riflesso emerso che è sempre lo stesso: la "fuga di cervelli".
È molto semplice quanto sterile trovare un altro capro espiatorio, che avrà le sue responsabilità, ma pur sempre è al governo da poco più di due anni, per affibbiargli la colpa della valanga di problemi sociali ed economici che l'Italia soffre. A me di difendere Poletti, che mi sta pure simpatico anche quando fa le sue sparate, non interessa nulla, mi interessa dare una lettura che forse può aiutare qualcuno a evolvere il proprio pensiero e il modo di guardare le cose.
Allora chi ha un po' di onestà intellettuale, pochissimi ormai purtroppo, provi a ribaltare i termini del proprio pensiero e ammettere che purtroppo in Italia la responsabilità delle poche occasioni di lavoro che i giovani hanno oggi (a sua volta causa della fuga di cervelli di cui non sono protagonisti tutti grandi cervelli, ma anche persone che umilmente vanno a cercare altrove un umile lavoro) non è solo dei politici attuali: è anche di chi ha vissuto in questi decenni in un Paese pensando che tutto potesse andare bene, facendo scelte politiche, sindacali, imprenditoriali, etc. sbagliate.
La responsabilità, vi piaccia o no, è anche di quelli che sono andati in pensione da giovani, salvo poi continuare a lavorare, magari a nero. I doppiolavoristi ipertutelati, i parassiti di ogni sorta. La responsabilità è anche delle aziende che hanno usato la cassa integrazione per scaricare sullo Stato i costi della propria incapacità imprenditoriale o delle spericolate manovre per il profitto. Quindi perfavore: tirate fuori un pochino di onestà perché il miglior modo di uscire dai problemi è sentirsi parte del problema e della sua soluzione. Non serve a nulla godere dei problemi solo perché non ne veniamo toccati. Perché la responsabilità o è di tutti o è di nessuno. Poi c'è chi ne ha molta e chi poca, pochissima.
Mi sono sempre stati antipatici i giovani e meno giovani che pontificano dall'estero contro la schifezza italiana, salvo desiderare di tornare a fare le vacanze a casa da mamma e papà che prontamente gli mandano il parmigiano e l'olio d'oliva sennò poverini come fanno a mangiare. Oppure vengono a fare i controlli medici nelle vacanze di Natale perché la sanità di questo Stato corrotto e allo sbando è pubblica e, guarda un po', funziona meglio che in altri Paesi.
Chi compie la scelta di andare all'estero la fa in modo libero e consapevole (cosa che i poveracci, anche con buona istruzione, che scappano da guerre e disastri pare non possano fare o comunque debbano pagare anche con la vita), godendone i vantaggi (spesso economici) e gli svantaggi (di vivere fuori dal propri Paese e lontano dagli affetti). Ma non venite a sputare sul Paese che ha pagato i vostri studi e che vi ha cresciuto, please. E i politici imparino a comunicare bene, perché sennò è inutile che si impegnino per cambiare le cose.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.