"La memoria seleziona e interpreta – analizza – e ciò che dev’essere selezionato e il modo in cui interpretarlo è una questione controversa e costantemente contestata".
Z. Bauman, La nostra memoria
Amo pensare ai blog come giornali di bordo. La trovo un'espressione semanticamente coerente. Per qualcuno giornali di bordo lo erano e per qualcuno lo sono ancora: diari online che rivelano qualcosa di sè, magari anche agli stessi autori quando li rileggono a distanza di tempo.
Una roba del genere mi è appena accaduta: un paio di social network mi hanno aiutato a ripensare al 2016 per quello che riguarda i libri letti (Goodreads) e i film visti (Letterboxd). Infografiche realizzate automaticamente mi han detto qualcosa di più esatto rispetto a quanto avrei saputo raccontare io.
Cercando “social network” su Wikipedia, l’enciclopedia libera ci sorprende aprendoci la pagina di “rete sociale”. Ma ne è consapevole, e aggiunge subito: "Social network" rimanda qui. Se stai cercando i servizi che permettono la creazione di reti sociali online, vedi Servizio di rete sociale.
Se l’italiano fosse una lingua diffusa quanto lo è l’inglese, sarei quindi a scrivere di reti sociali e non di social network. Ma forse è quello che sto facendo. Anche le reti sociali aiutano a fare sintesi del tempo trascorso. Amici asserragliati intorno ad un tavolaccio di legno di un misconosciuto pub di qualche località montana oppure proprio su un social network, giacché le reti sociali abitano (anche) i social network.
I social network sono buoni per guardare il passato ma stentano a prevedere il futuro. Impresa più complicata, me ne rendo conto.
Twitter mi consiglia di seguire Samuel L. Jackson, Facebook mi suggerisce d’iscrivermi al gruppo “sei di leggiuno se” e TVShow Time mi raccomanda la visione di Breaking Bed. Riprovateci. Non m’importa nulla di sapere cosa twitta Jackson, ci sarà un motivo se non ho visto BB nonostante il clamoroso successo e, non me ne vanto, ma non ho neanche un’idea chiarissima di dove sia Leggiuno. Dovessi indovinare lo farei lacustre ma.
Spotify, che a dirla tutta social network non è, mi consiglia invece Patty Pravo. Una canzone mi piace di Patty Pravo. Due con Mercato dei fiori.
Confidavo che gli algoritmi di suggerimenti, appoggiandosi sui big data, come le informazioni personali che scegliamo di condividere con la piattaforma, le valutazioni date e le preferenze di utenti dai profili affini ai nostri, intuissero i nostri gusti meglio di quanto effettivamente non accada.
Nel 2012, 5 anni fa, Kosinski dimostrò che
"in base ad una media di 68 like dati da un utente Facebook era possibile prevedere il colore della pelle (con un’approssimazione del 95%), l’orientamento sessuale (88%) e l’appartenenza al partito democratico o a quello repubblicano. Ma c’era dell’altro. Si potevano stabilire anche il quoziente d’intelligenza, la religione e se facesse uso di alcolici, sigarette e droghe. Attraverso i dati era addirittura possibile dedurre se il soggetto fosse figlio di genitori divorziati".
H. Grassegger e M. Krogerus, Das Magazin
E allora perché Patty Pravo?
La soggettività delle preferenze pare ancora imperscrutabile alle macchine e ne ebbi la prova in Puglia, nell’estate del 2014. Un po’ per gioco definissi gli assoluti come quei soggetti e oggetti culturali che avevo apprezzato tanto da ritenere imprescindibili nella mia biografia. Quadri e videogiochi, serie tv e cantanti senza i quali non sarei lo stesso. Per buttarla in caciara aggiungemmo i calciatori, ma quello sarebbe un altro post.
Selezionai una top 5 di assoluti per ogni categoria e una cinquina di elementi scelti tra tutte le categorie. Beh, mi accorsi che il mio ventaglio avrebbe indignato qualunque giuria di qualità.
I film, i libri, i giochi in scatola che componevano quell’Olimpo personale si trovavano lì per l’esperienza che ne avevo fatto, per ricordi emotivi cui li collegavo: un’attribuzione di valore che spesso prescindeva dalla loro fattura.
Ritengo alcuni di quei titoli effettivamente indifendibili, per quanto chi mi conosce (le reti sociali) potrebbe cogliere l’anima delle scelte ben meglio di quanto non vi riuscirebbe un algoritmo di TVShow Time o di BoardGameGeek.
Quindi, dannazione, aveva ragione Wikipedia.
Immagine| @ellenm1
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