Welfare

Le conquiste perdute. Per i diritti civili, una débacle senza frontiere

Tribunali speciali, repressione delle minoranze, nuove legislazioni all’insegna del sospetto. Dopo l’11 settembre il mondo ha fatto un terribile passo indietro. E ora?

di Daniele Scaglione

Nessun Paese, neppure l?ultima superpotenza rimasta, può sentirsi al sicuro dalla violenza politica e dal terrorismo. Questo è forse il messaggio più banale, per quanto tragico, che proviene dai fatti dell?11 settembre 2001. Né l?uso della forza militare, né l?esercizio dello strapotere economico son sufficienti a proteggere la vita e la sicurezza dei cittadini, neppure nelle nazioni più ricche del mondo. Sarebbe necessario, allora, perseguire l?affermazione della giustizia internazionale, garantendo a ogni abitante del pianeta il rispetto dei diritti umani. Washington, Myanmar Dal 12 settembre 2001, invece, la strada dei diritti umani è stata praticata pochissimo. Stati Uniti e Gran Bretagna hanno approvato leggi assurde, che consentono l?arresto e la detenzione senza accusa e processo di chiunque, non si sa bene su quali basi, venga considerato connesso ad attività terroristiche. Gli Usa han dato vita a tribunali speciali pressoché identici a quelli del Myanmar, che Washington ha sempre duramente condannato. Altri governi han colto l?occasione per intensificare la propria attività oppressiva. Le autorità cinesi hanno aumentato la persecuzione degli indipendentisti dello Xinijang: siccome si tratta di una regione a maggioranza musulmana, Pechino ha avuto buon gioco nello spacciare questi giri di vite come contributi alla lotta mondiale contro il terrorismo. Analogamente, la Russia ha intensificato la lotta contro i guerriglieri ceceni, anch?essi di fede islamica, e poco importa se a subirne le conseguenze sono principalmente civili non combattenti. La presunta vicinanza all?organizzazione Al-Qaeda, è stata utilizzata in Argentina, Brasile, Repubblica Dominicana, Messico, Paraguay, Perù e Uruguay, per arrestare arbitrariamente centinaia di persone, tra cui spesso attivisti politici non violenti. In Uzbekistan, in nome della lotta al terrorismo, sono state arrestate decine di esponenti di partiti islamici mai coinvolti in atti violenti. In alcuni Paesi islamici l?escalation di violenza ha colpito degli occidentali, spesso giornalisti oppure semplici cristiani, in una perversa spirale di botta e risposta di cui fanno le spese civili innocenti. Vi sarebbero ancora tanti altri esempi, e tutti dimostrano come sinora la lotta al terrorismo sia servita soprattutto alle autorità governative per reprimere il dissenso. Non c?è nulla di nuovo, in tutto ciò, con buona pace dei molti che han sostenuto che, dopo l?11 settembre, il mondo non sarebbe stato più quello di prima. Si ripete invece un copione visto e rivisto nella storia del XX secolo, secondo cui, in nome dell?emergenza, si giustifica tutto. L?unico cambiamento, forse, è stato un peggioramento nella capacità di affrontare i problemi con serietà, raziocinio e senso pratico. Questo deterioramento delle facoltà di analisi ha colpito autorità, mezzi di informazione, opinione pubblica e La rabbia e l?orgoglio di Oriana Fallaci ne è forse l?esempio più emblematico. Quale superiorità Inoltre, da un anno a questa parte abbondano politici e commentatori che farneticano di cultura occidentale superiore, dimenticando che è nel nostro contesto culturale che si è verificato Auschwitz. Invece, coloro che affrontano seriamente le tensioni tra Paesi e gruppi culturali scarseggiano, almeno nei posti di responsabilità. Contrariamente a quanto pensano molti, temo che il problema principale delle leadership occidentali manifestato in questa occasione non sia una certa tendenza ?guerrafondaia?, ma piuttosto la mancanza di pragmatismo, l?incapacità di ricercare soluzioni concrete. Così, ancora una volta, la crisi dell?11 settembre ha evidenziato un vuoto nelle istituzioni che sono chiamate a colmare le organizzazioni non governative. Ad esse spetta però un compito molto più difficile che in passato: devono lottare in difesa di principi e valori, ma, soprattutto, devono combattere il sonno della ragione.


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