Questo post – pensato prima che venissero sostituite le vecchie lampade con i Led – riprende il titolo di un famoso libro di Alberto Savinio, ed è dedicato a VITA per i suoi 25 anni di attività, durante i quali non ha mai smesso di puntare affettuosamente il suo occhio 'scrutatore' sulla città di Milano.
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Chi ha disegnato i pali della luce sui Bastioni di Porta Venezia doveva essere un artista. Sicuramente geniale, ma ignaro di molte cose. Perché, ad esempio, non immaginava cosa sarebbe accaduto a quelle povere creature dopo anni di resistenza alle intemperie e di sacrifici fatti per rimanere con la schiena dritta in nome del dovere di somministrare la pubblica utenza. E come se non bastassero i capricci dei fenomeni naturali, sono arrivati prima lo spostamento dell'aria provocato dalle macchine in corsa, poi lo sconquasso delle onde sonore agitate dai clacson degli automobilisti, e – per finire – la deviazione dei raggi solari che scaricano sul primo lampione che incontrano la violenza accumulata sotto la pressione delle mitragliatrici di etere.
No, vi dico. Chi ha progettato quegli oggetti di design che aprono le finestre di Milano all'alba nascente che parte da Lodi, non poteva sapere che un giorno qualcuno – ormai pago di indicibili sensazioni di stupore provate a risalire il controviale da Piazza della Repubblica, per il solo gusto di rivedere le vetrine di una libreria, attraversare la via ferrata dei tram e avviarsi trionfante verso il chiosco dei Giardini Montanelli – insomma, non poteva sapere che qualcuno avrebbe scritto proprio di lui sul taccuino numero 14, quello dalle pagine color arancione di cartapaglia.
Eppure, il nostro progettista deve essere stato un creativo molto accorto, uno di quelli che trovandosi nel periodo più fecondo della sua carriera, aveva deciso di mettere nella sua matita un crasso tratto di preveggenza e generosità a beneficio dei posteri. E per farlo, avrà pensato al bisogno più profondamente sentito da ogni essere umano, che altro non è che il desiderio di elevare di tanto in tanto lo sguardo per capire quanta distanza ci separa dal mare blu capovolto del cielo. E sempre di questo passo, lui, dalle vette d'intelligenza su cui stava seduto, avrà spinto la sua capacità di penetrare i misteri del Creato fino a sospettare che ci fosse una buona ragione per cui l'uomo era stato privato del privilegio concesso esclusivamente agli angeli.
Ma soprattutto (…. ed è questo il punto cruciale di tutta la faccenda) avrà concepito la sua opera subito dopo aver visto in sogno il destino apocalittico della sua città, provando grande timore per la morìa degli uccelli. Ispirazione tutt'altro che improbabile se è vero che nel curvare appena di qualche grado i due bracci aggrappati al loro cilindro di metallo fuso slanciato e segaligno, da cui pendono le gocciolone di luce artificiale, quel designer involontariamente divenuto ultramoderno abbia voluto in realtà esprimere (stilizzandola) la vertiginosa torsione di due spalle protese in avanti in segno di copertura e protezione verso di noi camminanti, non ancora replicati ma già elettrocomandati dall'arroganza luminescente dei semafori annegati nell'asfalto.
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