Welfare

Il welfare aziendale e la co-economy

di Francesca Rizzi

Ci siamo chiamati fin dall’inizio della nostra nascita Jointly -il welfare condiviso – perché abbiamo pensato che coprogettare insieme ad aziende, terzo settore, operatori sociali, istituzioni e territorio sarebbe stato il nostro tratto distintivo. La visione circolare e la capacità di lavorare insieme cercando di produrre benessere e servizi per le persone che svolgono la loro attività in varie realtà organizzative e che con sempre maggiore difficoltà riescono a conciliare vita privata e lavoro, sono state e sono per noi il focus principale che quotidianamente affrontiamo .

In un mondo dove parole come cooperazione, condivisione e collaborazione sembrano non avere il successo che meritano, la sfida ci è sembrata da subito affascinante.

Eppure oggi si parla spesso di co-economy. Se vogliamo, come di frequente leggiamo, l’economia è da sempre correlata con diversi agenti economici e sociali, ma oggi grazie alla spinta delle ultime leggi di stabilità e alla tecnologia possiamo dire che questo sogno si sta, sia pure a piccoli passi, avverando nel nostro Paese.

Contratti collettivi che sempre più inseriscono il welfare come momento centrale dei rinnovi, aziende e organizzazioni sindacali e datoriali che cercano di interpretare i bisogni delle persone, società come Jointly che danno la possibilità di usufruire di una gamma di servizi secondo le necessità presenti in ogni singola realtà supportati dal terzo settore e non solo, le Istituzioni, cominciando dai Comuni che iniziano a capire le potenzialità del quadro normativo e i possibili scenari futuri anche a sostegno dello stesso welfare state. Un circolo virtuoso che può generare un cambio di passo dell’economia del Paese a sostegno dei cittadini.

Siamo ad un punto di svolta? Ancora la strada è lunga e non in discesa, anche perché i cambiamenti non sempre ci trovano preparati e ben disposti ad affrontarli, ma tutti insieme in questa alleanza virtuosa possiamo raggiungere l’obiettivo.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.