I modelli di business degli enti del terzo settore sono sempre meno sostenibili. Il puro volontariato è ormai impossibile: in una società complessa gli oneri burocratici si moltiplicano e sono necessarie professionalità che bisogna pagare, anche perché i volontari sono alla ricerca di esperienze qualificanti, che è necessario costruire con competenze che non si possono improvvisare. D’altro canto, la crisi della finanza pubblica sta riducendo drasticamente le risorse che questa può destinare per l’erogazione di beni e servizi da parte di enti non profit, il cui unico vantaggio competitivo nei confronti delle imprese private sembra essere quello di pagare meno i propri dipendenti.
Stiamo vivendo una situazione paradossale: da un lato vi è un grande bisogno dei beni e servizi tradizionalmente prodotti dal privato sociale (welfare, cultura, istruzione, ambiente), dall’altro sembra che non ci siano risorse, e ciò, malgrado i tassi di interesse siano negativi e i capitali lasciati sui conti correnti aumentino quotidianamente. La pubblicità, che ha colto questo cambiamento, non ci vende prodotti, ma emozioni e appartenenze. Purtroppo, gli enti non profit, che potrebbero meglio di altri soddisfare queste esigenze, non sembrano in grado di valorizzare il proprio patrimonio immateriale e relazionale, per rincorrere un’astratta efficienza di norma a scapito di identità ed efficacia.
Il dono, che è il vero vantaggio competitivo degli enti non profit, nei confronti sia delle pubbliche amministrazioni che delle imprese private, può rappresentare la prospettiva di cui essi hanno bisogno, e ciò, non solo per le risorse mobilitabili, ma perché per poterlo attivare, è necessario uscire dall’autoreferenzialità, approfondire la propria identità e riscoprire lo straordinario che abbiamo sepolto sotto una montagna di procedure e incombenze. È forse giunto il momento in cui chiedersi se non sia possibile andare oltre il fundraising, per scoprire il dono e il cambiamento culturale che può generare.
Il futuro del terzo settore dipende dalla capacità di affrontare questi temi in modo libero e spregiudicato. Per questo che il Master per Promotori del Dono si sta attivando per mettere a disposizione di tutti gli interessati gli strumenti culturali necessari ad affrontare questa sfida, collaborando attivamente ad iniziative come Impariamo a Pescare e la Winter School di ConfiniOnline che ritengono il dono una parte fondamentale dell'identità di un settore che troppo spesso viene definito in termini negativi (non profit, non governativo) e che, forse proprio per questo, viene relegato a svolgere un ruolo marginale.
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.