Settembre 2054. Su Science Discovery viene pubblicata una notizia che era nell’aria già da qualche anno. E’ nato il primo bambino con cuffie bluetooth incluse. Si chiama DJ(unior). All’interno del padiglione auricolare, leggermente ridotto per dimensione rispetto a quelli presenti negli individui vissuti nel secolo scorso, il nuovo nato ha un paio di cuffie che trasmettono svariati generi musicali, tutti discretamente orrendi. Dalla programmazione è stato escluso l’intero panorama musicale pre-Millenials e nessuno sa chi siano i Pooh (lo so, non tutti staranno gridando allo scandalo, ma io ho ancora ben impresso quell’ultimo concerto, quello in cui anche Riccardo Fogli è tornato a cantare con il gruppo e a me sono venuti i lucciconi agli occhi).
Ma torniamo alla scienza. Grazie alle prodigiose cuffie, il bambino potrà anche dimenticarsi di portare con sé il caricabatterie, oggetto divenuto assolutamente obsoleto: le cuffie, parte integrante del corpo umano, saranno infatti caricate attraverso un aminoacido ramificato prodotto dal pancreas, la blututteina, che, grazie alla lisi operata dalla blututteinasi, garantirà ottima funzionalità all’intero apparato acustico. E’ prevista, verosimilmente nei prossimi anni, l’invenzione di un nuovo canale acustico, che permetta la distinzione dei suoni. Per esempio, nel caso in cui una madre (o un padre, ovviamente) dovesse avvisare il proprio pargolo di una catastrofe imminente (che so? Un terremoto di magnitudo 8,4, uno tsunami imminente, la camera da letto che va a fuoco o l’uscita di un nuovo album di musica trap) non ci saranno interferenze nella comunicazione. E’ prevista poi la creazione di un ulteriore canale comunicativo, che permetterà il regolare svolgimento di ogni tipo di trasmissione, anche semplice: avvisare che la pasta è cotta, che è finito il latte, che è ora di andare a dormire, che bisogna prendere la carta igienica che è in veranda e che c'è il sacco della plastica da svuotare.
La scienza plaude il nuovo grande successo del gruppo di ricerca, che racchiude al proprio interno i massimi esponenti della biologia molecolare di tutto il mondo.
Un po’ di malinconia vela gli occhi di anziane madri (e padri) tremolanti, che ricordano con nostalgia quando la mattina, portando il proprio figlio a scuola, riuscivano a parlare per ben cinque minuti con il pargolo, senza che nessuno si facesse male o per lo meno riportasse lesioni permanenti. Prima naturalmente che la creatura sospirasse e dicesse: “Oh, ma’. Tu guida pure tranquilla, eh. Io ascolto un po’ di musica, così tu non ti distrai”. Capito? Lo faceva per me! E io che pensavo di essere la solita rompiscatole e che avevo addirittura deciso di imparare la lingua dei segni per parlare con lui, che, nato nell’ormai lontano 2005, doveva ancora portare con sé cuffie e cellulare per ascoltare la musica in bagno, in auto, in cucina, in salotto, in camera sua, in camera mia, in terrazzo, per strada, al supermercato, nella pausa relax al cinema…
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