Welfare

Gattini ciechi

di Carlo Giacobini

A iatta prisciarola altri non è che la gatta frettolosa. Ma, anche se il siculo “prisciarola” suona meglio che l’italico “frettolosa”, l’effetto, quando non si rispettano i tempi e i passi giusti, è inesorabilmente quello di sgravare incolpevoli micetti orbati della vista.

La fretta, si sa, spesso è frutto di sentimenti, ansie endogene o esogene, pulsioni che offuscano la lucidità e impastoiano i goffi atti che ne derivano. Generando danni. Prevedibili danni.
Quando il 23 di giugno dello scorso anno i giudici della Corte Costituzionale terminano la loro seduta, il loro ufficio stampa si affretta a comunicare, in modo tanto asciutto quanto foriero di aspettative, la pronuncia di una sentenza che nella sostanza estende l’incremento al cosiddetto “milione di lire”, già approvato da Berlusconi vent’anni fa, anche per gli invalidi civili totali con più di 18 anni.

Nella vulgata di cui sono latori anche molti media e siti spazzatura, rapida quanto scorretta, è che quelle pensioni di invalidità passano da 286 euro a 516.
Poco contano le voci di chi richiama alla precisione: erano 516 euro nel 2002. Nel frattempo la cifra è stata adeguata toccando i 651 euro e spicci. E poi quella è la somma massima possibile che, essendo le regole sempre quelle del 2002, va graduata a seconda le diverse variabili di disponibilità economica personale e del coniuge eventuale. Insomma la storia non è proprio così lineare come gli entusiastici commenti fanno sperare.
La sentenza (150/2020) viene finalmente pubblicata a luglio e dal giorno dopo patronati, associazioni, servizi sociali vengono tempestati di richieste: come e quando avrò il mio aumento? Devo fare domanda?

In soccorso del vincitore arriva anche il Parlamento che, su proposta del Governo, recepisce la sentenza e ne estende la platea a ciechi e sordi, non previsti quali beneficiari dalla Corte.

È fatta! L’agognato aumento, comprensibilmente, è tema che tiene banco per settimane.
Il cerino acceso è fra le dita dell’INPS: come e quando riconoscerà l’aumento? A chi? Con che procedure? Sono centinaia di migliaia i potenziali beneficiari e le relative posizioni. Nel frattempo prolificano i fraintendimenti.

Ad iniziare dal limite reddituale (circa 8400 euro) che è diffusamente inteso come il reddito massimo al di sotto del quale si ottiene l’incremento tale da arrivare ad una pensione di 641 euro. Ma non è così. 8400 euro è il massimo, compresa la pensione stessa, che si può ottenere in un anno come prestazione assistenziali.
Se hai una reversibilità, puta caso, di 300 euro al mese, l’incremento è solo di 40 euro; se hai una borsa lavoro l’incremento ne è defalcato e così via. Su INPS iniziano le pressioni, le insistenze, le processioni, i pugni sui tavoli, i mugugni. Ogni giorno di ritardo genera nuove proteste, interrogazioni, richieste urgenti di chiarimenti, di interventi, di soluzioni. Ora e qui.

E alla fine, sovrastimando le fonti e le possibilità, INPS sceglie la strada della concessione in automatico dell’incremento alla più ampia platea possibile, basandosi tutt’al più sulle dichiarazione reddituali che riceve direttamente (e va detto: regolata in modo piuttosto incerto) dai diretti interessati.

Dall’autunno iniziano le erogazioni degli incrementi, con una prima tornata di esclusi che si riversano sui patronati e sugli uffici INPS per ottenere chiarimenti, presentare ricostituzioni, recuperare arretrati.
Le sorprese più amare, però giungono con il nuovo anno. INPS infatti, nel frattempo ha avuto modo di approfondire le differenti situazioni, di incrociare i dati con quelli dell’Agenzia delle entrate o con quelli già in possesso dell’Istituto (es. ISEE). In pratica ha effettuato una istruttoria postuma; ha fatto dopo ciò che non ha voluto o potuto fare prima.

E veniamo all’epilogo, quello irrefutabile, quello che che riguarda le persone vere. In queste settimane stanno giungendo migliaia di comunicazioni a chi ha già percepito, e verosimilmente anche speso, l’incremento indebitamente. Quest’avverbio non lo uso a caso. È quello adottato da INPS per non ammettere esplicitamente: “ci siamo sbagliati”. In quelle tre pagine che i pensionati ricevono c’è il riassunto di quanto appunto indebitamente ricevuto, il ricalcolo dell’incremento e il rimando ad una successiva comunicazione delle modalità con cui le quelle cifre dovranno essere restituite. Solitamente un tanto al mese trattenuto dalle pensioni stesse.

La domanda adesso è: i controlli non si potevano fare prima? Sì, tecnicamente era possibile. Politicamente no: il consenso sarebbe ulteriormente crollato, in ispecie in un questa fase in cui le misure a favore dei più deboli certo non brillano. E non certo per colpa di INPS.
L’amaro, anche stavolta, resta nella lingua del micetto.

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