Proseguendo con le (non molte) novità della legge di bilancio per il 2018[1], va segnalata l’ennesima modifica della norma più travagliata dell’intero codice del Terzo Settore: l’art. 79[2]!
Si tratta dell’introduzione, al comma 3, della lettera b-bis): “le attività di cui all’articolo 5, comma 1, lettere a), b) e c), se svolte da fondazioni delle ex istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, a condizione che gli utili siano interamente reinvestiti nelle attività di natura sanitaria o socio-sanitari e che non sia deliberato alcun compenso a favore degli organi amministrativi”.
Si tratta, in pratica, di una norma riferita a quegli enti e “Opere pie” che, nel corso dei secoli, hanno svolto attività di assistenza ai poveri, agli anziani, agli ammalati.
La loro esistenza, pertanto, è anche molto più risalente nel tempo della legge (c.d. “legge Crispi” – 17 luglio 1890 n. 6972) che ne impose la natura pubblicistica, in ossequio alla convinzione (a tratti, e per alcuni, ancora attuale) che dovesse essere lo Stato ad occuparsi di tali attività.
La norma riconosce una nuova ipotesi di de-commercializzazione da riconoscersi ad una categoria particolare che, tuttavia, non ha sezione speciale all’interno del Codice.
Sul piano oggettivo, inoltre, la de-commercializzazione non riguarda la generalità delle attività poste in essere da tali particolari (ma non speciali) ets; ma solo le attività di cui all’art. 5, comma 1, lettere a), b) e c), ovvero:
a) interventi e servizi sociali ai sensi dell'articolo 1, commi 1 e 2, della legge 8 novembre 2000, n. 328, e successive modificazioni, e interventi, servizi e prestazioni di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, e alla legge 22 giugno 2016, n. 112, e successive modificazioni;
b) interventi e prestazioni sanitarie;
c) prestazioni socio-sanitarie di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001, e successive modificazioni.
Ulteriori condizioni, per l’ottenimento della de-commercializzazione, sono:
il totale reinvestimento degli utili nell’attività sanitaria o socio-sanitaria;
che non sia “deliberato alcun compenso a favore degli organi amministrativi”.
Quanto alla condizione di cui al n. 1, ci si limita ad osservare come essa sembra quasi richiedere un requisito, la non lucratività soggettiva, già presupposto, a monte, per gli ets cui si riferisce l’art. 79 del cts: ovvero quelli diversi dalle imprese sociali. In secondo luogo, le attività nelle quali devono essere reinvestiti gli utili sembrano essere solo quelle di cui alle lettere b) e c), del comma 1, dell’art. 79 del cts, con esclusione, più o meno ragionevole, delle attività di assistenza squisitamente sociale, di cui alla lettera a).
Quanto alla seconda condizione, si va ben al di là della pretesa di non lucratività soggettiva, anche in forma indiretta, di cui all’art. 8, comma 3, lett. a)[3]. Il che, francamente, rende ancora più fumosa la ratio complessiva della norma.
Che dire? L’entropia sembra inesorabilmente aumentare!!
[1] Per maggiori approfondimenti, sia consentito il rinvio ad A. Mazzullo, Diritto dell’imprenditoria sociale, Giappichelli, 2019 (in corso di pubblicazione).
[2] Per comprendere tale travaglio, basti pensare alle seguenti modifiche intervenute in poco più di un anno. Il decreto legislativo 3 agosto 2018, n. 105 (in G.U. 10/09/2018, n.210) ha disposto: (con l'art. 23, comma 1, lettera a)) la modifica dell'art. 79, comma 4, lettera b); (con l'art. 23, comma 1, lettera b)) la modifica dell'art. 79, comma 5; (con l'art. 23, comma 1, lettera c)) l'introduzione dei commi 5-bis e 5-ter all'art. 79; (con l'art. 23, comma 1, lettera d)) la modifica dell'art. 79, comma 6. Il decreto legge 23 ottobre 2018, n. 119 (in G.U. 23/10/2018, n.247), convertito con modificazioni alla l. 17 dicembre 2018, n. 136 (in G.U. 18/12/2018, n. 293), ha disposto (con l'art. 24-ter, comma 3) l'introduzione del comma 2-bis, all'art. 79. Infine, la legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio per il 2019), all’art. 1, comma 82, ha previsto l’introduzione della lettera b-bis, al comma 3 dell’art. 79, del cts.
[3] Ai sensi dell’art. 8, comma 3, lett. a), del cts: “Ai sensi e per gli effetti del comma 2, si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili: a) la corresponsione ad amministratori, sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi individuali non proporzionati all’attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni”.
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