Cultura

Prima e dopo il virus

di Rossana Cavallari

Possiamo anche raccontarci che tutto tornerà come prima anche se, in fondo, sappiamo bene che non sarà così. Ci sarà un prima e ci sarà un dopo. È arrivato un virus a far traballare tutte le sicurezze che il sistema paese pensava di avere. È arrivato un virus a dimostrare quanto tutto, già da tempo, stesse implodendo soltanto che ammetterlo non sembrava così interessante. D’altra parte chi vorrebbe ammettere di sbagliare, chi vorrebbe invertire la rotta, chi ha voglia di fare fatica. In queste settimane di osservazione e riflessione sono apparse quanto mai chiare le fragilità tutte: quella umana, quella istituzionale, quella comunicativa, quella informativa, quella economica, quella sociale. Non serve continuare a raccontarsi finte storie serve raccontarsi che tutto si è fermato, è bastato un virus piccolo piccolo. Fa paura, certo come fa paura tutto ciò che tocca le corde più profonde dell’essere umano. Siamo abituati a vivere di e con la precarietà ma quando questa ha a che fare con la precarietà della vita stessa, nostra e di chi ci sta accanto, tutto cambia.

Possiamo anche raccontarci che non ci dobbiamo fermare ma, di fatto, molto si è fermato inutile girarci troppo intorno siamo tutti chiamati a compiere uno sforzo collettivo che porta a mettere da parte gli egoismi personali, le differenze, i privilegi, gli status e i like. In questo momento siamo tutti potenzialmente uguali e potenzialmente vulnerabili nello stesso identico modo.

Possiamo anche raccontarci che stiamo facendo il nostro dovere ma sappiamo benissimo che non è così. Non lo sta facendo chi comunica a un paese già allo sbando da troppo tempo, non lo fa chi dovrebbe informare, non lo fa chi cavalca l’onda di questo momento per acchiappare qualche consenso in più o proporre strategie di rilancio che, sappiamo, saranno faticose da attivarsi se prima tutti non faremo un passo indietro. Forse anche più di uno. Non lo sta facendo chi continua a parlare senza averne il diritto per il gusto solo di dover dire, sempre e comunque, qualcosa.

In questo momento paradossale è bastato un virus a mettere in luce tutte quelle contraddizioni che non avremmo avuto il coraggio di far emergere perché, in qualche modo, siamo abituati a pensare che va bene così, che non cambierà mai.

Possiamo anche raccontarci che tutto tornerà come prima in fondo ci saranno ancora i like, i consensi, le parole spese per fare rumore ma, mi auguro, saremo noi ad essere diversi. Saremo persone responsabili, consapevoli, lungimiranti. Saremo persone che sapranno dare valore a quello che pensano, dicono e scrivono. Il resto dovrebbe diventare silenzio.

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