La barca, la tempesta, il naufragio, la preghiera. Sin dal primo giorno della pandemia Papa Francesco ha invitato tutti i cristiani a fare ciò che la propria religione chiede a ciascun credente: pregare. E nell’immensa preghiera del quarto venerdì di Quaresima sul sagrato di piazza San Pietro, sotto la pioggia, circondato solo dall’icona della Madonna Salus Populi Romani e dal crocifisso miracoloso della Chiesa di San Marcello al Corso, il Papa ha voluto ancora una volta invitare il mondo intero alla preghiera.
Nella sua omelia, forte tanto quella del suo primo viaggio da Pontefice a Lampedusa, «Adamo dove sei? Caino dov’è tuo fratello», il Papa ha richiamato quella “globalizzazione dell’indifferenza” con cui lui stesso aveva definito il comportamento umano, talvolta impassibile, davanti alle tante tragedie di migranti nel Mediterraneo. Oggi quel monito lo ascoltiamo tutti: «In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato». Ma è lo stesso Papa che nel richiamo alla comunità come grande immunità collettiva a ricordarci che «abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle» perché come discepoli sperimenteremo «che, con Lui a bordo, non si fa naufragio».
Non lasciamo che la sua benedizione rimanga soltanto un’immagine iconica che eppure passerà alla storia. Utilizziamo anche noi le nostri armi vincenti contro la pandemia: «la preghiera e il servizio silenzioso».
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