Economia

28 giorni insostenibili

di Andrea Di Turi

Alzi la mano chi, come utente, non si è sentito raggirato quando ha cominciato a vedere che la fatturazione in bolletta del proprio operatore di telefonia non era più su base mensile ma appunto ogni 28 giorni. Col risultato di trovarsi a pagare in un anno non più 12 bollette ma 13. E alzi la mano chi non ha pensato almeno un momento di cambiare operatore di telefonia ma poi non l'ha fatto perché si sa che queste sono scocciature, ci vuole pazienza, tempo, energia. Senza considerare che poi magari si rischia di cadere dalla padella nella brace o quanto meno in un'altra padella ugualmente tanto calda da scottarsi. E tutto questo gli operatori lo sanno benissimo. E ci marciano.

Com'è noto la vicenda ha praticamente costretto il legislatore a intervenire per porre fine a questa pratica che gli utenti in larghissima parte hanno subito. Ma a me interessa qui ora parlare soprattutto di csr, responsabilità, sostenibilità. Ponendo qualche domanda.

Ad esempio, prima domanda: gli operatori che hanno cavalcato i 28 giorni fino a quando la legge non li ha stoppati, pensano di aver agito in modo socialmente responsabile o sostenibile? Credo proprio di no, se è vero che ci sono stati operatori che nelle loro bollette ricordavano a chiare lettere e in un certo senso si vantavano di fatturare il "mese vero" a differenza di altri operatori. E ce ne sono invece altri che hanno dichiarato di aver sottovalutato la questione della trasparenza nei confronti dei consumatori: non mi pare poco, dato che la trasparenza è l'architrave della responsabilità. Una conditio sine qua non.

Seconda domanda: gli operatori dei 28 giorni pensano di essere stati coerenti con le loro politiche, programmi, dichiarazioni, codici, azioni, iniziative di csr?

Terza domanda: quanto pesa, questo comportamento che hanno avuto, nelle valutazioni che società e agenzie specializzate sui temi di csr effettuano, specie per quanto riguarda le società quotate in Borsa? Credo che se si ponesse il quesito al consumatore medio, risponderebbe che questo comportamento ha pesato moltissimo sulle sue tasche, la sua pazienza e il suo fegato, anche perché gran parte del rapporto e soprattutto della comunicazione tra consumatori e operatori avviene attraverso la bolletta. E che l'immagine che il consumatore aveva del suo operatore probabilmente ne è uscita, se non a pezzi, quanto meno molto peggiorata. E chissà quando, se e come quell'azienda potrà recuperare nei confronti di quegli utenti.

Quarta domanda: c'è chi crede ancora che la csr finisca dove inizia la legge e che la legge inizi dove finisce la csr? Troppe, troppe volte l'ho sentito dire in questi anni. Ma è vero solo in un mondo ideale. Mentre il mondo in cui viviamo non è il mondo ideale. E allora se c'è voluta una legge per interrompere delle pratiche che andavano a tutto svantaggio degli utenti e a tutto vantaggio degli operatori, significa che il rapporto tra csr e legge non è affatto così semplice e scontato come tanti vorrebbero far credere.

Le leggi non sono perfette, come non lo è qualsiasi attività umana. Se si vuole, spesso c'è il modo di interpretarle o se vogliamo di piegarle a proprio favore, navigando abilmente fra le maglie che esse lasciano o nella zona grigia che non riescono a definire compiutamente. Per funzionare, inoltre, le leggi devono essere applicate, prevedere controlli e sanzioni, e vanno create le condizioni perché quei controlli si possano effettuare e quelle sanzioni comminare quando è dovuto: tutto ciò non è per nulla ma proprio per nulla scontato, specie nel mondo reale e non ideale.

E allora: il rispetto scrupoloso e responsabile della legge è a mio avviso parte integrante, e fondamentale, di un modo di intendere l'attività d'impresa in senso responsabile e sostenibile. Anzi, a volte la massima aspirazione di buone pratiche di csr è proprio che prima o poi si traducano in due righe di legge, perché ne è stata riconosciuta l'importanza per la collettività. Per il bene comune. Un caso su tutti al riguardo è quello della recente introduzione dell'obbligo di rendicontazione non finanziaria per le imprese più grandi.

Al riguardo sarebbe bene ogni tanto rileggere l'Articolo 41 della Costituzione della Repubblica Italiana. Direi che esprime una definizione di csr più che interessante. Ed è una legge. Anzi, la legge delle leggi.

Buon Natale, buone feste, buon 2018.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.