Superare la crisi del Coronavirus è possibile. Basta non tornare al punto di partenza.
In questo periodo di emergenza, paura e nuove idee strampalate di guru new age, sembra esserci molta confusione sul da farsi. Siamo tutti proiettati verso un astratto “dopo” e non al “mentre”. Più preoccupati nel tornare all’economia e alla società che avevamo prima, senza pensare che è stato proprio a causa di quei modelli insostenibili che le cose non andavano bene.
Claudio Naranjo, psichiatra e psicoterapeuta cileno, ha sempre ribadito un concetto molto chiaro, “bisogna che l’attuale sistema crolli, solo così può esserci una salvezza. Ma per cambiare veramente, bisogna modificare il nostro modo di pensare, è necessario acquistare nuovi valori: queste aziende lo stanno già facendo”.
Forse è così. O forse possiamo fare qualcosa prima, se ci ricordiamo di alcune semplici regole.
La prima regola è rendere l’economia Civile (e diffonderla).
Mettiamocelo in testa, non può esistere un capitalismo buono. In questo modo, il capitale dominerà sempre sempre sulle comunità. Serve un altro modello, capace di mettere al centro le persone e l’ambiente ma anche di essere comunicabile e facilmente accessibile.
In Italia non abbiamo bisogno di andare troppo lontano, basta voltarsi indietro per capire da quanta storia, valori e prassi possiamo attingere tenendo come riferimento il modello dell’Economia Civile. Il rischio, in caso contrario, è pensare che tutto quello che è legato alla parola “sostenibilità” sia ora accessorio perché dobbiamo prima di tutto pensare a sopravvivere. Dobbiamo lottare con tutte le forze contro il virus della Paura, ancora più pericoloso del Coronavirus, imparando da quello che è successo proprio post-crisi del 2008 e che non dovremmo ripetere. Non ci potranno essere spazi per gli individualismi.
Ma dobbiamo anche fare uno sforzo maggiore nel rendere i messaggi legati a questo nuovo modello di economia più chiari e fruibili. La tecnologia sarà un valido alleato per gestire questa situazione di transizione e la sua diffusione. Gli spunti sono molteplici, dalle attività che FQTS sta realizzando per aggiornare la sua piattaforma formativa, rendendo accessibili tutti i contenuti online (lezioni, video ed esercitazioni ache coinvolgono centinaia di organizzazioni e persone). Così come i tanti casi di solidarietà digitale che non dovranno essere abbandonati. Un esempio tra i tanti è l’iniziativa lanciata dalla startup Quinte Parallele che ha deciso di creare una vera e propria stagione di “concerti di musica classica social” perché, in fondo, la musica ci fa sentire meno soli e può stimolare il pensiero.
La seconda regola è ribaltare il rapporto tra teoria e pratica.
Può sembrare banaele ma se pur abbiamo bisogno di una nuova economia, non possiamo pensare che la sua attualizzazione sia affidata solamente ai cosiddetti esperti ed intellettuali. Abbiamo bisogno di testimonianze, di storie e volti che da semplici comparse devono diventare protagonisti dell’attualità, presenti oggi e non in un futuro incerto, modelli che possono essere promossi e resi replicabili in altri territori.
Abbiamo bisogno di moltiplicare e far conoscere tutte quelle buone pratiche che proprio in questo periodo di emergenza, sono riusciti a “stare accanto” delle persone con più difficoltà. Dalla riconversione tessile di imprese come Consorzio Sale della Terra tramite il portale Gioosto, Made in Carcere e Quid che si sono messe a produrre mascherine protettive per salvaguardare la salute delle persone e mantenere il posto di lavoro dei propri operatori fino a d arrivare alla filiera attivata in Lombardia dalle Banche di Credito Cooperativo, che fin dai primi giorni di epidemia, per aiutare imprese e famiglie in difficoltà, si sono messe in una posizione di ascolto delle richieste e delle necessità.
La terza regola è sostituire la competizione con coopetizione.
Il rischio quanto di parla di grandi valori o di eccezionali testimonianze è quello di pensare che la propria realtà sia sempre migliore rispetto a quella degli altri. In genere questo porta a due conseguenze ridicole e tragiche allo stesso modo, quello di voler costruire “oasi felici” (o modelli di cosiddetta altra economia e all’interno di queste ridurre il tutto ad una lotta dei “duri e dei puri” (come se esistessero realmente), dimenticandoci dei beni comuni. Le strutture più adatte a gestire questi beni comuni sono le fondazioni.
Pensiamo alla straordinaria azione che stanno mettendo in campo realtà come la Fondazione Con il Sud che ha deliberato uno stanziamento di € 1.000.000 quale contributo volontario a sostegno del Terzo Settore o l’apertura di corridoi di filantropia internazionale realizzata da Fondazione Cariplo ma anche tutte le attività di sostegno alle imprese attivate da Compagnia San Paolo.
La quarta regola è quella di favorire l’ibridazione.
Non esistono forme privilegiate perché, nonostante sia un’amante della cooperazione, credo che ci sia spazio per tutti spa, srl, cooperative, imprese sociali, benefit. Vorrei dire anche che anche tutti i settori sono possibilmente coinvolgibili ma direi una fesseria. Esempi virtuosi come Assimoco che decidono di diventare benefit corporation o spa come PALM che con il suo eco-pallet è riuscito a creare filiere interconnesse con il mondo del volontariato e del Terzo Settore. Per quanto riguarda i settori, da una parte sono convinto che bisognerà coinvolgere tutti i settori dell’economia, ma credo anche che questa pandemia ha reso più evidente l'impatto negativo di alcuni settori comparti industriali che non potranno essere mai realmente sostenibili (primi tra tutti armi, azzardo e tabacco). Dobbiamo ripensare le nostr priorità, il concetto di difesa e i valori della salute e del lavoro.
La quinta regola è quella di premiare le virtù e votare col portafoglio.
Dobbiamo favorire comportamenti cooperativi che scoraggino quelli non cooperativi e opportunistici anche quando scegliamo di acquistare un prodotto o un servizio. Non dobbiamo dimenticarci di contestare di chi fa male ma bisogna pensare anche ad aumentare il benessere o la felicità delle buone pratiche che abitano i nostri territori, che hanno il principale scopo di far aumentare le azioni “civili” rispetto a quelle “incivili”. Pensiamo alla “Spesa Sospesa” lanciata dal I Municipio di Roma da molti Comuni italiani che con un’azione collettiva e coordinata da parte della cittadinanza sta prendendo piede in tutta Italia o l’appello lanciato da Égalité, e firmato da molti cittadini, per aiutare le fasce più svantaggiate della popolazione, che è riuscito a diffondfere esperienze di solidarietà nel mondo della GDO.
Spunti di riflessione aperti a chi vorrà conversare, per metterli anche in discussione.
La regola 0, forse quella più importante e strategica, è quella di conoscerci. Rimanere a casa non vuol dire rimanere isolati. Essere italiani, non vuol dire pensare solo a noi stessi senza pensare all’Europa e al resto del Mondo. Ripartiamo dalle nostre radici comuni ma accettiamo le differenze che possono diventare valore.
Guardiamoci in faccia, chi siamo, chi rappresenta la domanda di questo nuovo modello di Economia Civile, non solo l’offerta e diffondiamo queste storie, imparando dai loro punti di forza e dagli elementi di replicabilità. Così potremmo dire “guarda questi” cosa hanno fatto. Supportiamoli, uniamoci a loro e facciamo bene i conti quando proveremo a fare 1+1.
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