Volontariato

Non chiamiamola Prossimità

di Dino Barbarossa

Oggi ho prestato la tastiera alla mia collega e amica Sonia Benvenuto, che fa parte dello staff della Fondazione Ebbene sin dall’inizio e che in atto coordina lo sviluppo dei Centri di Prossimità. Mi ha e ci ha regalato questa sua riflessione, che voglio condividere:

Erano i primi mesi del 2014 quando, erano in corso i lavori di preparazione per l’organizzazione della prima edizione della Biennale della Prossimità, quella di Genova, quella che coincise con il terribile alluvione. Durante quelle settimane fu chiesto a tutti gli operatori sociali che erano coinvolti attraverso gli enti che avevano aderito, quale fosse per noi il significato di “prossimità”. Oggi, a distanza di sei anni e carica del vissuto di queste settimane legate al contenimento dell’emergenza per il COVID-19, mi sono riproposta quella domanda.

Allora la gran parte di noi rispose sulla base di una riflessione sul senso letterale del termine “prossimità” che evoca certamente la vicinanza. Era la vicinanza ad un bisogno, era un laico “ama il prossimo tuo come te stesso”, era aiutare il prossimo.

Oggi, condivido ancora l’importanza del significato di questa parola, ma ho sperimentato che il senso della prossimità è anche molto altro.

C’è un confine sottile che fa la differenza tra l’assistenza al bisogno del prossimo e il concetto di Prossimità. La prima mette a fuoco il bisogno, l’impellenza, la necessità della risposta al bisogno primario, la seconda mette a fuoco la Persona.

In queste settimane per fortuna si sono attivate catene di solidarietà assolutamente meritorie e necessarie per assistere le persone che si sono trovate in condizione di bisogno. Ma non chiamiamola Prossimità!

La Prossimità è altro, la prossimità è fatta di sostegno e supporto alla riconquista della propria autonomia. La Prossimità è aiutare le persone con metodo e professionalità perché non si ritrovino in un ipotetico domani a dover essere nuovamente in stato di bisogno, ma anzi, che possano essere domani tra le schiere dei fortunati che oggi possono assistere gli altri.

La prossimità è fatta di empatia, di conoscenza dell’altro. È fatta di pensiero su e con l’altro, di rinnovata progettualità, di cocci rimessi assieme e valorizzati, è fatta riconoscimento delle attitudini e dei talenti dell’altro, è fatta di vicinanza in un processo costante di accompagnamento. È fatta di ascolto e restituzione di valore ad ogni singola persona. È fatta anche di progettazione, di monitoraggio, di comunicazione di “pensiero” sullo sviluppo di attività che possano garantire la presenza di operatori sul campo, formati, specializzati, in grado di agire la prossimità. È continuità. È la differenza tra curare il sintomo e la causa. È la differenza tra sostenere un bimbo nello studio per farlo sentire meno solo e per poter sostenere la sua mamma quando torna da lavoro, e capire che non ha ancora superato le violenze subite e aiutarla giorno dopo giorno a riscoprire i suoi sentimenti a dargli un nome, a contenere la sua rabbia perché non la riversi sul bambino, è aiutare quella donna a rivedersi forte, serena, indipendente, Degna di amore e rispetto. È vivere una relazione con il prossimo perché solo conoscendolo e affiancandolo con costanza puoi capire chi è, cosa porta con se e cosa può dare agli altri valorizzando la sua vita, puoi rappresentare un aiuto. Non di pacchi, non di vestiti, non di soldi è fatta la Prossimità. Lungi da me l’idea di demonizzare l’assistenza, anzi, in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo e che ahimè, vivremo ancora a lungo, quando l’onda di ritorno, reverse wave, per i più smart svelerà tutto quello che il Covid-19, ha portato via con sé, l’assistenza è linfa vitale. È possibilità per una famiglia di viversi ancora come famiglia, per un anziano di sentirsi meno solo. Ma cosa succederà dopo, a queste persone? Finita l’assistenza cosa sarà di loro senza una vera azione di Prossimità? Cosa sarà di loro se nel frattempo non li abbiamo conosciuti, non abbiamo dato il via ad una relazione di continuità? Se con loro non potremo progettare un ritrovato benessere?

E se la Prossimità ha contribuito al sostegno di catene di solidarietà, bene. E se la solidarietà contribuisce ad avviare processi di Prossimità, meglio.

Saluti, Sonia Benvenuto

La Solidarietà, in effetti, è un atteggiamento, spontaneo o concordato, rispondente a una sostanziale convergenza o identità di interessi, idee, sentimenti. Coinvolge “in solido” chi la pratica e chi la riceve, non è, per definizione, unilaterale.

La Prossimità elimina anche questo diaframma e si basa sulla reciprocità, ciascuno è prossimo e si rende prossimo, ciascuno è necessario alla vita dell’altro.

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