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Pacifista Cossutta fino a ieri dov’eri?

Prima li prendevano per matti e nessuno raccoglieva i loro appelli.Ora don Benzi e i responsabili di Pax Christi e di Beati i costruttori di pace sono diventati star nei dibattiti tv.

di Carlotta Jesi

Tutti li vogliono, tutti li cercano, tutti li invocano, adesso. E poco importa che i loro appelli siano stati ignorati per anni. A una settimana esatta dalle prime bombe sul Kosovo i pacifisti storici, quelli veri, sono più trendy che mai. ?Star? da prima serata contese da talk show televisivi e da campagne elettorali. Tutti insomma si sono improvvisamente ricordati di quei ?matti nonviolenti? impegnati (mica da ieri…) nei territori dell?ex-Jugoslavia. Sì, proprio quelli le cui telefonate erano sistematicamente lasciate in attesa. Quelli i cui comunicati stampa erano sistematicamente cestinati e che oggi invece vengono ?rivenduti? come materiale d?archivio. Tutti ora si ricordano dei volontari e delle ong che da quasi dieci anni assistono i profughi dei Balcani, rispondendo con atti di solidarietà ai cecchini. Gente che adesso fa volare le quotazioni e l?audience di chi li ha sempre ignorati. Ma loro, i pacifisti, proprio non ci stanno. Come nonviolenti sono i primi veri ?sconfitti? di questa guerra annunciata, ma non mollano. Anzi, rinnovano il loro impegno con pesanti accuse ai ?pacifisti dell?ultima ora?: politici, giornalisti, diplomatici e opinionisti che non hanno mai preso sul serio il loro impegno nel Kosovo, come non lo hanno considerato prima in Bosnia. «Ci hanno snobbati, diciamo le cose come stanno, altro che invocarci oggi», dichiara sdegnato don Antonio Dell?Olio. Il Coordinatore nazionale di Pax Christi che, insieme alle associazioni Beati i Costruttori di Pace, Papa Giovanni XXIII, Mir Italia e Gavci, nel settembre dell?anno scorso tentò invano di sconfiggere l?indifferenza dei media presentando a Milano l?iniziativa ?I Care?(Mi interessa). Una mobilitazione generale non violenta per la pace e la celebrazione del cinquantesimo anniversario della Dichiarazione Onu dei diritti umani conclusasi il 10 dicembre a Pristina e, appunto, snobbatta da tutti. «Solo l?ultimo episodio di un disprezzo nei nostri confronti che dura da sempre», commenta don Togno, «In Kosovo noi ci siamo dal 1993, e a provarlo ci sono gli striscioni delle manifestazioni cha da allora abbiamo organizzato. Con cui chiedevamo alla diplomazia italiana di svegliarsi prima dei cannoni. Ma dov?erano allora i pacifisti dell?ultima ora? In tutti questi anni abbiamo scritto lettere e cartoline ai politici italiani e stranieri chiedendo di fare qualcosa per la crisi dei Balcani, ma l?unica vera risposta fu quella di un politico nostrano che, cartina dell?ex Jugoslavia alla mano, mi chiese di indicargli dove era il Kosovo». Di quale partito era? «Se valesse la pena lo direi. Ma il punto è che la sua risposta avrebbero potuta darmela tutti i governi che si sono succeduti in Italia dall?89 a oggi. Tutti i governi che devono stare attenti agli interessi economici». Quali, don Dell?Olio? «Per esempio quelli di Telecom Italia, che ha vinto l?appalto per cablare l?intera Jugoslavia. O quelli della Fiat, che comunque in Serbia produce a costi ridotti. L?Italia è il secondo partner economico di Milosevic lo sapete? E il bello è che i politici non negano neanche. Ho chiesto spiegazioni a Fassino e mi ha detto: ?Certo, dobbiamo difendere i rapporti economici?. E quelli umanitari, ribatto io, dove li mettiamo?. L?interesse di oggi per la pace è solo ipocrita e tardivo». Però da Santoro, a Moby Dick, lei è andato come ospite.«Certo, e anche a ?Pinocchio?. Perché il motto della nostra organizzazione è che bisogna portare Gesù Cristo anche all?inferno, perché intervenire tardi è meglio che non farlo mai. Ma da Costanzo, a raccontare di un dramma vero al fianco di maghi e canzoncine, proprio mi sono rifiutato». Con giornali, televisioni e politici don Oreste Benzi, dell?Associazione Papa Giovanni XXIII, è ancora più tagliente: «Quelle di oggi, di questi giorni, sono demagogie spaventose. E purtroppo certi inviti politici alla pace sono strumentali, fuori dalla storia. Non si può voler fermare i bombardamenti perché la Serbia è in qualche modo legata alla Russia. Ma Cossutta non deve perdere i suoi voti, e così, come altri politici, cerca di accomodare tutto». Gli fa eco don Albino Bizzotto, di Beati i costruttori di pace: «La solidarietà di questi giorni è falsa e strumentale. C?è una vena di nazionalismo serbo, soprattutto tra i veterocomunisti, che non lascia nulla alla vera compassione per i kosovari. E così si fanno tanti bei discorsi e anche spettacolo, come è successo lo scorsi fine settimana ad Aviano». Dove circa 100 mila turisti, curiosi della guerra e molto meno dei diritti umani, hanno intralciato il traffico e perfino le operazioni militari. Da venerdì 26 don Albino partecipa al digiuno che la sua associazione porterà avanti fino alla fine dei bombardamenti, e spiega: «Lo facciamo per dimostrare che la pace è più importante del cibo. Per condividere davvero quello che provano i profughi e dimostrare ai governi che bombardare non serve». E proprio contro le grandi istituzioni internazionali piovono le critiche più severe dei pacifisti storici. «Perché la Nato non ha voluto legittimare l?Onu come autorità sopra le parti e lo ha interpellato solo a bombardamento avvenuto? Come mai gli osservatori dell?Osce erano così pochi rispetto ai diritti violati?», chiede senza mezzi don Benzi. «Perché l?Unione europea e i governi nazionali hanno lasciato che si perdesse di vista la legalità colpendo gli innocenti? Perché dopo tanti sforzi per far conoscere il nostro impegno in Kosovo, l?attenzione è arrivata ora che il Kosovo forse non esiste più?», gli fa eco don Bizzotto. «Perché l?Europa non si sveglia e lascia che gli Stati Uniti si infiltrino piano piano nel Vecchio Continente passando per le sue regioni più delicate e, guarda caso, vicino alla Russia?» aggiungono da Pax Christi. Interrogativi che in questi giorni sono quelli di tutti, ma che coprono una ben più terribile e antica domanda: perché abbiamo lasciato che succedesse ancora? Ecco i numeri per aiutarli: ccb 201301 Appello”Vita”con la Caritas albanese lancia una prima iniziativa per i profughi Lunedì 29 marzo don Segundo Tejado, direttore della Caritas albanese, è come al solito nel suo centro di accoglienza di Tirana quando i suoi collaboratori che arrivano dal Nord gli dicono che i profughi stanno arrivando in massa, al ritmo di 4000 l?ora. Sessantasei persone al secondo lungo i due sentieri che dal Kosovo si arrampicano fino all?Albania e si riversano nella piana di Kukes, sopra Scutari, nella zona più fredda e impervia del Paese delle aquile. Don Segundo si guarda attorno, conta le coperte che ha in magazzino, e quando vede che sono solo cento gli viene da pensare: non ce la farò mai. Poi solleva la cornetta e quando sente che dall?altra parte del filo c?è ?Vita?, un giornale che lo chiama dall?Italia, può lanciare il suo appello: «Siamo una goccia nel mare, qualsiasi cosa facciamo è poco. Abbiamo pochi mezzi e poche forze, questa mattina mi hanno telefonato le nostre suore da Kavaja, erano arrivati seicento profughi e non sapevano cosa fare, dove metterli, loro che hanno solo una trentina di letti. La verità è che il nostro governo non ce la fa e anche i missionari sono abbandonati a loro stessi. L?anno scorso c?eravamo già accorti che il Kosovo scoppiava, così abbiamo aperto due centri vicino a Scutari ma hanno soltanto 400 posti in tutto. Anche per il trasporto dei profughi dal confine a Tirana o a Durazzo, dove si trovano cinque centri, ci vorrebbero migliaia di pullman. E intanto ai nuovi arrivati non possiamo dare nemmeno un po? d?acqua». Che la situazione in Albania sia davvero critica lo conferma anche un volontario della Caritas italiana, Silvio Tessari, anche lui ?di stanza? tra Scutari e Tirana. «Dobbiamo aiutare i profughi a rimanere qui, altrimenti tra poco passeranno tutti in Italia. Questo è il loro desiderio, tutti si chiedono perché devono stare male in Albania quando potrebbero stare molto meglio in Italia. Non è il viaggio che li spaventa (hanno viaggiato così tanto…) . Insomma la situazione è molto seria, non solo per l?Albania ma anche per l?Italia». Proprio per questo noi di ?Vita? vogliamo raccogliere l?appello di don Segundo e della Caritas dell?Albania, almeno come prima iniziativa concreta (ve ne proporremo altre le prossime settimane) e invitiamo dunque i nostri lettori a versare i propri contributi direttamente sul conto corrente bancario aperto presso la Banca Italo Albanese, numero 201301 intestato a: Caritas Albania, via don Bosko, Tirana, con la causale ?emergenza profughi?. È possibile effettuare il versamento presso qualsiasi sportello bancario italiano. Una via diretta ed efficace per muoversi subito e su un obiettivo giusto: sostenere in maniera diretta l?accoglienza immediata delle decine di migliaia di kosovari in Albania. ?


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